Dieci anni fa la Lazio vinceva lo scudetto
Èpassato un decennio, non un secolo, eppure, a ricercarla nella memoria oggi, quella domenica di primavera in cui noi laziali restammo asserragliati dentro all'Olimpico attendendo col cuore in gola notizie dall'alluvionata Perugia sembra talmente lontana da essere quasi introvabile, aliena. La metamorfosi più dolorosa è certamente quella che riguarda la Lazio in sé, il suo status di allora e quello odierno. Ma peccheremmo di superficialità se non tenessimo conto anche della metamorfosi globale che ha riguardato l'intero calcio italiano e non «contestualizzassimo», come va di moda ai giorni nostri, i due 14 maggio. Il progressivo impoverimento della Lazio è infatti oggettivamente frutto più di quanto è accaduto attorno alla società biancoceleste che di quanto è accaduto al suo interno. Nel maggio del 2000, tanto per cominciare, il calcio in tv aveva due padroni e non uno solo. Le pay satellitari erano Tele+, che possedeva i diritti delle grandi squadre del Nord, e Stream, di cui Roma, Fiorentina, Parma e Lazio (ovvero le squadre che avevano finalmente spezzato il monopolio televisivo nordista costruito da Galliani in combutta con Giraudo e Moratti) erano addirittura azioniste. La concorrenza fra le due emittenti si traduceva in una distribuzione dei proventi dei diritti molto più equa dell'attuale, col risultato che le «4 sorelle» centriste disponevano di ricavi abbastanza vicini a quelli di Juve, Milan e Inter e potevano competere con loro sul mercato calcistico. Tant'è vero che alla Lazio lo scudetto avevano già dovuto rubarglielo l'anno prima (per il Milan le ultime sette del 1999 furono partite al cui confronto Lazio-Inter di quest'anno è stata una battaglia campale) e che nel 2001 lo vinse anche la Roma. La seconda, macroscopica differenza sta nelle carenze (per non dire di peggio) del duplice sistema di controllo finanziario, quello bancario e quello più strettamente calcistico, che resero possibili mostruosità oggi ormai inconcepibili, col risultato che molta dell'opulenza di quei giorni era fasulla, costruita sull'ingresso in Borsa, sulle alchimie contabili (quando non addirittura sulla pelle dei risparmiatori) e sul mancato rispetto delle regole di sana amministrazione. La terza differenza, che deriva dalle prime due, cioè dalla capacità delle tasche di chi oggi i buchi deve tapparli sul serio, è di natura tecnica: la Serie A del 2000 era il campionato più bello del mondo; quella 2010, imbottita di «ex», di schiappe e di scarti dei campionati esteri, ne è, eccezion fatta per l'Inter di paperone Moratti, solo un pallido simulacro. Insomma, Lotito ne avrà pure combinate di cotte e di crude, ma certo se in quel lontanissimo maggio di 10 anni fa la Lazio aveva Eriksson in panchina e in campo i Marchegiani, i Nesta, i Nedved, gli Stankovic, i Salas, i Mancini e compagnia bella, mentre oggi (beh, lasciamo perdere!), non è solo perché l'incapace è lui.