Una finale rovinata dal nervosismo
Hameritato l'Inter, ma la Roma ha onorato l'impegno con un secondo tempo intenso e generoso, grandi occasioni sciupate da Juan e Vucinic. Peccato che l'agonismo abbia varcato talvolta i confini del lecito, Rizzoli ha dovuto fischiare molto, ha sbagliato qualcosa, ma non è stato lui a determinare un risultato che premia la squadra più forte, su tutti un Eto'o strepitoso. Le prime sorprese, Inter con Sneijder, Roma con Toni, Totti in panchina. La partita dell'olandese durerà tre minuti, botta alla coscia nello scontro con Burdisso, dentro Balotelli, poi si farà male anche Cordoba, ecco Samuel, inizialmente posposto a Materazzi, presto protagonista in negativo. Elettricità in campo vicina ai valori dell'arco voltaico, il difensore centrale eccede nelle sceneggiate, dalle proteste alle simulazioni, neanche gli altri hanno atteggiamenti eleganti, compito ingrato per Rizzoli, chiamato a frenare anche le esternazioni di Mourinho, Ranieri il solo a non perdere l'aplomb. Un paio di fiammate giallorosse apprezzabili, pallino per altro saldamente in mani interiste, Javier Zanetti gigante anche nei comportamenti, la difesa romanista soffre gli inserimenti, si abbassa perfino troppo. E quando il centrocampo perde palla per leggerezza, Milito batte sul tempo quattro difensori e infila l'angolo alto, Julio Sergio nulla ha da opporre. Lungo recupero, recriminazioni per una netta trattenuta di Samuel su Toni, l'arbitro punisce l'attaccante, ma era rigore. Rischio pesante per Mexes, da rosso per un pugno gratuito. Dopo il riposo, dentro Totti e Motta, fuori Pizarro e Burdisso, graziato da Rizzoli quando il rosso sembrava inevitabile. La Roma ci mette l'anima, sfiora il pari, il gol di Milito decide. Fra tanta povertà di sorrisi, in una città storicamente modello di autoironia e disincanto, fa tenerezza l'ottimismo del presidente federale Abete, l'annuncio di iniziative per promuovere la crescita della cultura sportiva: in effetti, partendo da zero, sarà facile ottenere qualche piccolo progresso. Ha anche spiegato, Abete, come la scelta di Roma per la finale contribuisca alla valorizzazione della seconda competizione nazionale: giusto portarla a più dignitoso livello, forse si poteva fare a meno di assassinarla, come scientificamente la Lega ha fatto in tutti questi anni con formule da Archimede Pitagorico. Magari qualche attenzione in più andrebbe rivolta agli aspetti più inquietanti del potere garantito alle frange meno nobili del tifo, le società vittime inermi, però colpevoli in assoluto per avere incoraggiato un fenomeno che le ha messe nella scomoda posizione dell'apprendista stregone, incontrollabili le forze della natura stoltamente evocate. Anche se Mamma Rai gonfia le cifre, stringe il cuore la Curva Nord vuota, neanche gli altri settori completi, siamo più o meno a cinquantamila spettatori scarsi, l'evento avrebbe meritato di più, veleni e paura hanno consigliato sereni divani familiari.