La rivincita del catenaccio all'italiana
Dicodegli spagnoli, che ci sfottono da sempre perché con le loro giochesse non riescono a far breccia nei nostri muri mobili: pigliano e portano a casa. Dico degli snob nostrani che stravedono per i cosiddetti offensivisti e magari credono che la zona sia una tattica d'attacco. Dico in generale dei qualunquisti ai quali José Mourinho ha dato l'impressione di essere il capo delle sturmtruppen e alla fine sono stati costretti a ballare nelle ramblas di Barcellona e in Piazza Duomo e a felicitarsi per avere scoperto due difensori eccezionali nelle file nerazzurre: Eto'o e Milito. Dico infine di quelli che sanno poco di calcio - perché troppo giovani o smemorati - e tentano di scoprire un'Inter lontana dal suo passato mentre a me che c'ero (e non dormivo) José Mourinho ha ricordato Herrera fin dal suo primo giorno in Italia. Senza darmela a bere con le sue fumisterie tattiche così come non ci riuscì Helenio: puoi buttare in campo quattro punte, basta che abbiano piedi buoni e te le ritrovi a coprire. L'ho chiamato catenaccio offensivo, così è, come quello del Mago, quindi esaltazione del più bel calcio all'italiana da parte di una squadra che, paradossalmente, non ha mandato in campo neanche un italiano. Dice Mourinho che il nostro calcio non gli piace. Pazienza. Noi gli auguriamo di battere anche il Bayern, a Madrid, e di portare in Italia la Coppa dei Campioni dopo l'attesa infinita di Massimo Moratti; anche se troverà in Van Gaal un avversario adeguato e in Olic e Robben (Ribery è stato fortunatamente eliminato da Rosetti) due pericolosi incursori sollecitati dal contropiede ch'è pure arte nostrana. Un'Inter così concentrata e disposta al sacrificio, così «gruppo» da chiudere la parte finale della partita, con il Barça avventato alla ricerca del secondo gol, mandando in campo non Balotelli per tentare un rapinoso contropiede ma il novizio Mariga a far muro coi compagni, è una squadra che ha trovato felicemente in Europa la condizione migliore per riproporsi dominatrice in Italia. Come? Se volete dilettarvi di tattiche e di moduli per capire e spiegare come ha giocato l'Inter da finale, vi suggerisco il Modulo Capello, un «9-1» che insieme abbiamo appreso dai grandi tattici del nostro tempo, io a Bologna da Gipo Viani (che non amavo), lui a Ferrara da Paolo Mazza. Se poi amate anche il versante psicologico, fate conto che l'espulsione di Thiago Motta ha dato il «la» all'eroica resistenza nerazzurro, compattando vieppiu' il gruppo, sublimando la sindrome da accerchiamento proprio come piace a Mourinho. A questo punto, un sospetto: un'Inter così può davvero provare a vincere il Grande Slam, Coppa Italia, Campionato e Champions. Ferro e legno, please.