Inter a Barcellona. In palio la storia
Moratti: "La finale è più di un sogno"
BARCELLONA - Forse il Barcellona e i suoi tifosi hanno semplicemente sbagliato tattica. Perché Josè Mourinho, alla vigilia di una partita con tanta tensione, è come un topo all'ingresso di una fabbrica di formaggio: felice e perfettamente a suo agio. Non è neanche imbronciato come al solito, anzi, gli scappano pure un paio di sorrisi e si capisce che queste sono le sue partite e che di Barcellona-Inter, semifinale di ritorno di Champions League, ne giocherebbe 50 all'anno, se potesse. Non si fa intimidire da uno stadio e tanto meno dalle bellicose parole dei giocatori del Barça, anche perché la dialettica provocatoria è una delle sue armi migliori e Piquè e compagni hanno solo da imparare. Eccolo allora attaccare subito proprio dove i catalani sono più sensibili e cioè sul gran parlare di «remuntada» e sul loro rapporto con Madrid: «Mi sorprende tutta questa storia della rimonta - spiega - qual è il problema per la miglior squadra del mondo rimontare da 3-1? Non c'è problema, non bisogna fare la guerra, ma è una cosa assolutamente alla portata del Barcellona». Attimi di sconcerto catalano in sala stampa e neanche il tempo di riprendersi che arriva la seconda bordata, ancora più pesante della prima: la finale di Champions «per l'Inter è un sogno e per il Barcellona un'ossessione chiamata Madrid e Santiago Bernabeu». Un'ossessione? «Sì, proprio un'ossessione: ho vinto con il Barcellona una finale di Coppa del Re al Bernabeu e ho capito il significato di quella partita, sembrava avessimo vinto la Coppa del mondo. È anti-madridismo, ma non lo dico per criticare, una finale di Champions a Torino sarebbe un'ossessione per l'Inter». Sarà anche detto così, non per criticare, ma vallo a spiegare ai media catalani, che in tempo zero rilanciano quella che considerano subito una provocazione da parte del portoghese. Che intanto se la ride quando gli viene chiesto del perché compaiano delle guardie del corpo assieme a lui; o quando una terrificante suoneria di telefonino fa da sottofondo alle sue parole. Il maestro davanti ai microfoni è lui, non c'è dubbio, e figurarsi se si scompone quando gli chiedono dei presunti favori ricevuti all'andata dall'arbitro suo connazionale Benquerena. È dove vorrebbe essere, con un vantaggio tutto sommato insperato, e assicura che anche i suoi giocatori non avvertiranno l'ansia di un traguardo che manca da 38 anni in casa nerazzurra. «L'unico mio obiettivo è raggiungere il sogno dell'Inter - aggiunge Mourinho - la Champions questa generazione interista non l'ha mai vinta. Se posso dare un piccolo contributo per fare in modo che Moratti si ricordi dei tempi d'oro di suo padre, sarò molto, molto felice». In campo ci sarà la solita formazione offensiva, Sneijder compreso, che nelle partite che contano non manca mai: «Sta bene e giocherà». A Barcellona c'è anche Mario Balotelli, ma figuriamoci se Mourinho non liquida pure lui: «È qua per colpa di Stankovic, che è squalificato, ma ha pianto perché voleva venire. E allora ho deciso di portare tutti». Il tutto detto senza criticare, ovviamente.