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Da Maradona a Mexes quante lacrime sui campi

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Lacrimea forma di pallone, che umanizzano persino i campioni superpagati del calcio. Piangeva in mondovisione, Philippe Mexes, domenica sera mentre due giocate di Pazzini trasformavano il sogno scudetto giallorosso in un incubo già vissuto ai tempi di Roma-Liverpool o Roma-Lecce. Eppure era in panchina, teoricamente offeso per l'ennesima esclusione, in realtà partecipe del dolore di gruppo. Il prato verde del calcio si bagna talvolta per le lacrime inaspettate dei protagonisti. Dal 1984 al 2010 sono passati 26 anni, ad esempio, ma il pianto di Bruno Conti, al termine di Roma-Liverpool da calciatore o domenica da dirigente, dopo il ko con la Samp, è il filo conduttore delle tante delusioni della squadra giallorossa. Ecco perché il suo pianto e quello di Mexes colpiscono almeno come quello del bambino biondo in braccio a papà ciccione in tribuna immortalati dai registi tv. Grasso era anche Diego Maradona, ma giocava ancora quando nel 1990 si sentì derubato nella finale dei Mondiali e dopo la sfida persa con la Germania scoppiò in un pianto disperato inutilmente consolato dal ct Carlos Bilardo. Un po' come fece Arrigo Sacchi con Franco Baresi, che non riusciva a darsi pace dopo i rigori che assegnarono il titolo iridato del 1994 al Brasile. Strappacuore è stato il pianto irrefrenabile di John Terry dopo la sconfitta ai rigori del Chelsea nella finale di Champions League. Ma lo sport, come la vita, toglie e dà: lo sa bene anche Ronaldo, il Fenomeno, che il 5 maggio 2002 pianse a dirotto per lo scudetto buttato via dall'Inter contro la Lazio. La stessa partita che si giocherà domenica all'Olimpico.

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