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Il rischiatutto non ha pagato Ranieri

Il capitano della Roma Francesco Totti fronteggia un giocatore della Sampdoria

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Sul vulcano dell'Olimpico, il boato tremendo che aveva spinto la Roma in avvio, piomba infine il gelo. Si interrompe la lunga striscia, la vetta resta a due punti, inutili il dominio del primo tempo, il ritorno di Totti al gol dopo quattro mesi, le tante occasioni create, un fallo da rigore ignorato, la Samp ha trovato il pari sull'asse Cassano-Pazzini. A quel punto Ranieri ha deciso per il rischiatutto, in campo Toni e Taddei, fuori Perrotta e Cassetti, ha colpito ancora il contropiede doriano, Pazzini ha siglato il sorpasso, l'assedio finale non è stato produttivo. Cambia poco, sconfitta o pari, nella corsa allo scudetto, però adesso l'Inter dovrebbe non vincerle tutte, la Roma deve ancora provarci, sulla base di quanto mostrato in quello splendido primo tempo, in pratica la durata dell'autonomia del capitano. Vano l'estro di Vucinic, poi egoista fino alla lite con Perrotta, vani gli spunti di Menez, la lucidità di Pizarro. Riparte la rincorsa, durissima, sabato a Parma la verifica di una reale capacità di reazione. Lo centra la Lazio, il risultato più significativo del pomeriggio domenicale, non procura catastrofi il tentativo di suicidio spesso ricorrente nei minuti iniziali. Al pisolino difensivo pongono presto rimedio Andrè Dias, che sta tenendo fede ai suoi sontuosi trascorsi brasiliani, e l'ex Floccari, il punteggio sta perfino stretto ai laziali, virtualmente in salvo anche se manca la firma della matematica sulla liberatoria. Certo, non può esaltare il popolo romanista l'impresa corsara dei cugini, ma il malumore nulla ha a che vedere con l'astio che caratterizza le ruggini in famiglia. L'allarme viene dal naturale calo di motivazioni dei laziali per la sfida interna con l'Inter, difficile sia affrontata con la ferocia che invece una situazione di reale pericolo avrebbe imposto, stavolta il tifo laziale spingerà addirittura l'ospite di turno, insopportabile vedere lo scudetto cucito sulle maglie dei detestati cugini. Del resto, con le contemporanee vittorie del Bologna sul Parma e dell'Udinese sul Siena, anche il discorso sulle retrocessioni è praticamente esaurito, anche se l'Atalanta, a meno cinque dagli emiliani e meno sei dai romani, teoricamente potrebbe ancora invocare un miracolo, soprattutto in virtù dell'imminente sfida interna con il Bologna. Però i due appuntamenti successivi, con Napoli e Palermo, delineano la strada della salveza come un'autentica montagna da scalare. Due verdetti sono comunque già scritti: anche se il Siena recuperasse al Bologna nove punti in tre partite, sarebbe condannato da una differenza reti catastrofica, decisiva dopo la parità negli scontri diretti. L'addio del Livorno è già sancito ufficialmente, almeno dignitoso il saluto al suo pubblico, espresso con la netta vittoria sul Catania in vacanza, al Picchi però la visibilità è tutta per la rete della bandiera etnea, autentica perla balistica di Maxi Lopez, da standing ovation.   E così la Toscana, che nell'ultimo decennio aveva presentato anche quattro formazioni in Serie A, prima della caduta dell'Empoli, sprofonda letteralmente con il declassamento forzato di Siena e Livorno. A spargere sale sulle piaghe di una regione mortificata contribuisce anche l'esponente più prestigiosa, quella Fiorentina che non si è mai realmente ripresa dalla crudele esclusione dalla Champions League.  

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