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Un oltraggio alla maglia nerazzurra

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Macredo che gli sarà difficile riproporre al popolo nerazzurro Mario Balotelli come titolare di una maglia dell'Inter: quella maglia che s'é sfilato di dosso con rabbia e ha buttato a terra, come schifato; quella maglia che il soccorrevole Stankovic ha furtivamente raccolto e nascosto nei pantaloncini per evitare ulteriori guai. Ma si sa, nulla è segreto davanti alle telecamere - trenta, quaranta, chissà quant'erano martedì sera - che hanno rimandato all'urbe meneghina e all'orbeterraqueo i suoi «vaffa» e i suoi «s.o.b.»: e allora, a cerimonia consumata qualcuno l'attendeva nel garage sotterraneo di San Siro - all'ex Supermario - per rifilargli qualche pedata e qualche ceffone, secondo il miglior stile squadrista di quei cosiddetti ondivaghi ultrà, fino a ieri estasiati dalle gesta del nero pugnace eppoi repentinamente felici di dargli del traditore; proprio com'era accaduto - all'alba del 2000 - con il Fenomeno Ronaldo, amato, odiato, cacciato. Moratti e il suo fido Tronchetti Provera erano lì, prossimi alla fuoriserie del reprobo Mario, e l'hanno salvato: ma - dicevo - chi lo salverà dal popolo? Nella diretta tivù ho commentato il caso in quattro parole: «Balotelli si è dimesso». E in effetti l'oltraggio alla maglia - il massimo reato sportivo in un mondo che ancora sapesse o capisse cos'è lo sport - non credo che permetterà a Balotelli di metter radici nel territorio della Beneamata. Ammesso che gli interessi, cosa di cui dubito: a parte la scherzosa variante di passione milanista esibita per far dispetto a nonsochi, s'è scoperto anche il suo provino al Barcellona, aveva quattordici anni, segnò otto gol ma fu scartato, non credo per il caratteraccio, sempre che il Balo non sia stato un fanciullo prodigio. Insomma, un rompiballe dalla nascita. Il furbo Mourinho, dopo aver criticato chi lo aveva criticato per la sua «guerra» a Balotelli (e gliene ho dato atto, perché uno di quelli fui, e tuttavia il giocatore fuoriclasse non lo mollo) ha magnanimamente annunciato che lo farà giocare contro l'Atalanta, e non ho capito bene se si tratti di un perdono o di una punizione. Vedremo. Restano quattro turni di campionato e il ragazzo che per settimane e mesi è stato elevato a vessillo della lotta contro il buu razzista, e oggi viene ammainato con fastidio dai suoi ex-incensatori, sarà probabilmente deviato verso altri lidi, verso club importanti per far soldi o verso la provincia per il classico processo di maturazione. All'Inter non c'e' solo Mourinho, a detestarlo, ma l'intera squadra palesemente rappresentata - come ha rivelato Ibrahimovic - da un Materazzi in vena di punizioni corporali, proprio come quelli che attendevano il giovane ribelle nel garage. Per fortuna, Inter-Barcellona ha offerto anche un bellissimo capitolo di calcio che andremo a rileggere in attesa di conoscere cosa ci offrira', fra sette giorni, il Camp Nou.

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