Basta vittimismo Non esiste il complotto
Sentoe leggo cose che mi aspetterei dai tifosi di tutte le altre squadre (in particolare da quelli della squadra più distante dalla nostra per cultura sportiva, e non c'è bisogno che vi spieghi di quale sto parlando) tranne che da voi. Sento rabbia e scoramento, leggo accuse strampalate e al limite della paranoia. Lo so meglio di voi che siamo storicamente accerchiati, ma l'accerchiamento al quale siamo condannati è quello di chi sta troppo in alto per non ritrovarsi circondato da chi è confinato laggiù in basso, è l'accerchiamento dell'élite da parte del gregge. Mentre mettersi in testa di essere perseguitati da poteri occulti che ci vorrebbero mandare in serie B è un'idea da romanisti, non da laziali. Così come è da romanisti incapaci di autoironia lasciarvi avvelenare il sangue dal «gesto di Totti» anziché prenderlo per quello che è in realtà stato, cioè il freudiano tentativo di ribaltare ritualmente su altri l'unica condanna a morte sportiva realmente emessa da un derby in cui lui, l'ex Pupone, s'era appena stretto al collo la corda per impiccarsi diabolicamente offertagli dal mitico Ranieri, anima laziale in carne giallorossa. Oltretutto, quest'idea balzana ve la siete messa in testa dopo una partita che, onestamente, ha dimostrato più il persistere del nostro atavico autolesionismo che l'esistenza di un complotto ai nostri danni. Perché sarà pure vero che l'arbitro Tagliavento ha tollerato un po' troppo a lungo il gioco violento della Roma e girato a nostro danno qualche punizione, ma è ancor più vero che ci ha dato il rigore che poteva chiudere i giochi e che, poi, non ha calcato la mano nel referto relativo al parapiglia finale, permettendo così ai nostri giocatori meno lucidi di cavarsela con il minimo della pena e di poter dare una mano nella lotta per la salvezza. Certo, quest'anno gli arbitri ci hanno massacrati, ma non dimenticate che il vero problema è stato rappresentato da Ballardini e dal ritardo con il quale Lotito l'ha cacciato, non dai loro fischi a vanvera. Pensare che i poteri forti ci vogliano in serie B non può d'altronde non essere infondato. Perché per la Lazio, oberata dai debiti accumulati da chi si è arricchito alle sue spalle prima di passare il fardello a Lotito, retrocessione significherebbe impossibilità di onorarli, dunque fallimento e sparizione. E a chi converrebbe, un simile epilogo? Certo non ai creditori, ma secondo me neppure alle istituzioni, perché la cancellazione del «lodo Petrucci» non renderebbe stavolta possibile un ripescaggio in stile Napoli o Fiorentina, e perdere un patrimonio dello sport italiano come la Lazio sarebbe una mutilazione per tutti. Per non parlare, poi, dei giocatori e dei loro procuratori. Per cui, amici miei, tornate a pensare e ad agire da laziali. Rimboccatevi le maniche e date il vostro contributo a uscire da questa disgraziata situazione con le nostre forze, come siamo sempre stati costretti a fare dal 1900 a questa parte. Stringetevi serenamente attorno alla squadra e sostenetela senza vittimismo nella sua lotta. Ce la possiamo fare. Da soli e contro tutti, come sempre.