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Il gesto della discordia

Totti esulta al termine del derby esibendo i pollici verso il basso

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L'incubo laziale e il sogno romanista, il terrore di una doppia tragedia sportiva, retrocessione e scudetto ai rivali, la speranza sempre più grande di un trionfo inaspettato. La Capitale è un frullatore di sentimenti. dopo il «derby della vita». La partita è continuata nelle strade, negli uffici, nei bar, con le radio private a fare da megafono di infinite discussioni e i forum su internet usati come arene virtuali. In città non si è parlato d'altro per una settimana e si continuerà a farlo fino a domenica. Il tema dominante è il gesto di Totti. Il doppio pollice verso come sfottò per la Lazio, ripetuto dopo l'andata, ha colpito nel segno. In campo i giocatori hanno dato in escandescenze, Reja ci ha messo il carico in conferenza stampa e anche la gran parte di tifosi e osservatori neutrali non l'hanno mandata giù. Per il mondo giallorosso, invece, il gesto di Totti è già un cult. Paragonabile al «quattro, zitti e acasa» rivolto a Tudor in una celebre sfida vinta 4-0 con la Juventus. La presa in giro del capitano divide, fa discutere. Anche all'interno della stessa tifoseria. Chi è stato incudine protesta, chi ha fatto il martello giustifica e controreplica: «I brutti esempi, semmai, li hanno dati Radu e i suoi compagni invasati». E mentre gli sconfitti condannano Totti, uno dei più noti rappresentanti del popolo laziale, Paolo Di Canio, si dissocia. «È un gesto normalissimo, antipatica - ha detto l'ex attaccante biancoceleste - ma ci può stare: chi vive il derby di Roma può riconoscere in queste cose qualcosa di giusto». Un parere «illustre». Perché a parlare è uno che ha vissuto di derby e di provocazioni. Fu lui ad emulare nel gennaio 1989 l'esultanza di Chinaglia verso la curva romanista. «Long John» in una sfida del 1973 irrise i tifosi rivali con il gesto dell'ombrello e un dito puntato in curva dopo un suo gol, Di Canio andò oltre correndo ad esultare verso il settore dei giallorossi. Non pago, nell'anno del ritorno in biancoceleste, il 2005, segnò ed esultò ancora sotto la Sud e al momento della sostituzione pensò bene di ricordare al popolo romanista i tre gol segnati dalla Lazio con un gesto eloquente, scatenando una mezza rissa in campo. Quando l'allievo supera il maestro. Il derby di Roma è stato e sarà questo. Bello, intenso, combattuto e avvelenato. Anche Totti è un «veterano» delle provocazioni. La celebre maglia del 1999 con la scritta «Vi ho purgato ancora» fece discutere quanto oggi. Quattordici anni prima un'esultanza di Giordano in stile Chinaglia piacque poco ai romanisti. Gli stessi che adesso osannano il loro capitano, lo difendono. Totti come Nerone. L'imperatore con i pollici versi disegnato dalla curva Sud proprio domenica. Il gesto finisce anche sulle magliette preparate per celebrare l'evento: a Trigoria erano in vendita già ieri. Altre spunteranno come funghi sulle bancarelle in questa cavalcata finale del campionato che può portare a un trionfo giallorosso. Una maglietta, almeno per adesso, non la vedremo: quella che i giocatori laziali indossavano sotto le casacche domenica scorsa. «Scudetto game over» la scritta irrisoria da sfoggiare in caso di sgambetto alla Roma nel derby. Sarebbe stato il logico proseguimento della festa laziale per la coppa Italia dell'anno scorso, celebrata dai giocatori con una maglietta in cui proprio Totti veniva irriso. La coccarda tricolore scucita dal petto in risposta allo scudetto passato da una maglia all'altra negli anni d'oro del calcio romano, il 2000 e il 2001. Adesso grazie alla Roma dei miracoli si torna a respirare quell'atmosfera, spuntano sempre più bandiere giallorosse sui balconi, si iniziano ad ascoltare colpi di clacson ingiustificati. Per gli scarmantici è una tortura. Ancora quattro settimane e una festa di sicuro ci sarà: delirio romanista per lo scudetto più bello, liberazione laziale in caso di vittoria interista al fotofinish.

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