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Abbraccio Lazio

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Laziali a Formello

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FORMELLO - Avanti Lazio. Cinquemila cuori sospingono la squadra verso il 134° derby della Capitale. É stata una vera e propria invasione, con il traffico in tilt e le strade antistanti il centro sportivo paralizzate dall'entusiasmo dei sostenitori laziali. «Toglietegli il respiro!»: la richiesta del popolo laziale è stata messa nero su bianco, e attaccata a una delle pareti della tribuna del piccolo stadio. Dall'altra parte, lungo la recinzione campeggiava un altro striscione inneggiante la battaglia sportiva: «Che nessun si tiri indietro, non si ceda neanche un metro». I tifosi della Lazio credono nell'impresa di frenare la Roma verso la corsa tricolore: ventitrè risultati utili consecutivi, la formazione di Ranieri sembra insuperabile. Una missione quasi impossibile per gli alfieri dell'Aquila reale, avvezza - durante il volo lungo un secolo e dieci anni - a compiere imprese inimmaginabili. Come quella ottenuta da Ancherani e compagni che si imposero affrontando in un sol giorno Lucca, Pisa e Livorno. Era il 1907, venti anni prima della fusione attuata dal federale di Corropoli Italo Foschi. Senso di appartenenza e grande orgoglio: i tifosi della Lazio hanno incitato a gran voce i loro idoli, li hanno acclamati, li hanno attesi all'ingresso del centro sportivo prima e dopo l'allenamento per caricare ulteriormente l'ambiente. I calciatori hanno capito il messaggio, chiaro e diretto. I calciatori sono arrivati alla spicciolata, sin dalle 13.30: ad attenderli un gruppetto di tifosi che via via si è ingrossato fino a diventare un fiume in piena. Affari anche per i venditori ambulanti di bibite, appostati nei pressi del centro sportivo e nel parcheggio dell'impianto. Sciarpe, bandiere e stendardi con i colori del cielo, un pomeriggio a tinte biancocelesti che ha compattato ancor più la tifoseria. Ogni tifoso con un vessillo, con una maglia: quella dello scudetto accanto alla casacca dei - 9, un mix di storia e sentimenti, un legame iscindibile fatto di due colori e un simbolo. Una passione lunga più di un secolo, da Ancherani a Bernardini, da Piola a Lovati, da Governato a Chinaglia arrivando fino a Zarate: un volo infinito che arriva in fondo all'anima. Alla fine dell'allenamento un lungo applauso ha salutato Reja e i calciatori che si son fermati ai bordi del campo per firmare gli autografi. Poi la consegna a ogni giocatore del miniposter di Totti, con il pollice verso, al termine del derby di andata. I laziali non hanno dimenticato, lo stanno aspettando come il cinese seduto sul greto del fiume. Serviranno testa e cuore per superare l'ostacolo, per fermare una Roma lanciata verso uno scudetto che sembra essere a portata di mano. La differenza di punti è incolmabile, il tasso tecnico anche: l'unico modo per anteporsi ai giallorossi sarà battagliare su ogni pallone, fino al novantesimo, e anche oltre. E confidare nello «Stellone» che nei momenti decisivi illumina sempre il cammino biancoceleste. Servono novanta minuti perfetti per trasformare, con un colpo di bacchetta magica, una stagione grigia in un anno lucente.

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