La storia suggerisce un pari
Faccione e berrettino, a Mao Tse-tung spettano i diritti d'autore sulla Lunga Marcia, ma qui a Roma non si scherza, ha vaghe origini cinesi questa settimana che la Capitale vive in attesa di un derby mai così «pesante» negli ultimi anni. Fiumi di inchiostro tipografico, l'etere intasato dalle voci degli addetti ai lavori e degli occasionali intrusi, come le televisioni locali, assecondate da quelle nazionali. Singolari anche i contorni dell'approccio: fratelli coltelli, Caino e Abele, meglio Romolo e Remo, poi i buffi incroci, nessuna parentela e zero affetti tra la rivale della Roma, l'Inter fino a due giorni fa capolista, e la sua avversaria di venerdì, quella Juve votata ad acuire i duri contrasti con i milanesi. Almeno non si parlerà, come superficialmente era stato fatto per la Fiorentina, di qualche accrocco antisportivo, tra le dominatrici dell'albo d'oro del campionato mai c'è stato amore, difficile prefigurare un avvicinamento adesso, con i tifosi della Juve inneggianti a Moggi (no comment). Affascina la filosofia di Ranieri, le partite vanno giocate e gestite una alla volta, senza curarsi delle recite parellele su altri campi. Ma non è facile pensare che il risultato dell'anticipo di venerdì sera resterà fine a se stesso quando sarà l'ora della sfida dell'Olimpico, la gestione tattica imporrebbe una svolta, soprattutto per i romanisti tesi a salvare il vantaggio in classifica. Vantaggio che, se la corsa va fatta sull'Inter, è meno esiguo di quanto reciti la classifica, nei confronti diretti la Roma è avanti, il punticino magicamente si raddoppia. Alla fine, i detestati calcoli potrebbero anche prendere corpo, un pareggio magari non risulterebbe così sgradito come gli attuali, giustificati umori delle due tifoserie, sembrano suggerire. La storia dei due scudetti conquistati dalla Roma nelle annate in cui il derby era in calendario (l'altro arrivò quando la Lazio era in risalita dalla serie cadetta) insegna. Attenzione a significativi ricorsi, negli anni della guerra pareggio nel girone di ritorno dopo la vittoria romanista all'andata, identico percorso quarant'anni più tardi con Fabio Capello. Un dato in comune: la prima sfida degli Anni Quaranta fu risolta da un autogol di Faotto in pieno recupero, quella del terzo millennio la regalò alla Roma l'harakiri di Negro. Pari nel ritorno, scudetto giallorosso: chi, a Trigoria, non firmerebbe?