La scherma piange Dario Mangiarotti
Mafu tuttavia tra gli interpreti più affidabili della formidabile scuola schermistica italiana, costruito tecnicamente nella palestra agonistica milanese sorretta dalla maestria del padre Giuseppe ed alimentata dalle cure della madre Rosetta, praticante e custode dell'infallibile tradizione familiare in una disciplina che per numero di successi è in testa all'albo d'oro dell'agonismo nazionale. Dario Mangiarotti s'è congedato a novantacinque anni, lasciandosi alle spalle una carriera magistrale segnata dalla conquista di cinque titoli mondiali e dal titolo olimpico a squadre ai Giochi di Helsinki del 1952. Ad evocare l'impresa realizzata in terra finlandese esiste una stupenda immagine che ritrae Dario abbracciato a Edoardo e piangente al termine del torneo individuale: furono infatti le sue stoccate vincenti, in successione contro lo svizzero Zappelli ed opposto al lussemburghese Buck, ad aprire la strada al successo finale del fratello ed a consentirgli di salire al suo fianco, con solo una vittoria in meno nel totale degli assalti, sul secondo gradino del podio olimpico. Specialista della spada, indotto dal padre, come il fratello minore, a costruirsi tecnicamente impugnando l'arma con la mano sinistra, Dario Mangiarotti aveva fatto l'esordio olimpico nel 1948, elemento di punta della squadra classificatasi al secondo posto dietro i proverbiali avversari francesi. Ma già nell'anteguerra, nel 1937, ventiduenne, aveva aperto la collezione dei titoli mondiali, poi arricchita dalle affermazioni del 1949 - stagione sontuosa, con doppia vittoria, individuale e di squadra, nell'edizione iridata disputata al Cairo - del '50 e del '53. Forte della conquista di sei titoli italiani, nel 1954 dette l'addio all'attività dilettantistica, perpetuando successivamente, da allenatore, la tradizione familiare, ritagliandosi l'agonismo nella categoria maestri e primeggiando fino al 1966.