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Sono troppi gli interrogativi del Cavallino

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Dopoi balbettìi australiani e la mezza catastrofe pasquale in Malesia (uno-due della Red Bull, Massa solo settimo e Alonso ritirato in una nuvola di fumo) nel pugno rosso ne restano appena pochi granelli e credo che neppure a Maranello sappiano se al futuro si debba guardare con ottimismo o con pessimismo. Le frecce all'arco degli ottimisti sono: a) le prestazioni che la F10 è in grado di esprimere in assetto da gara e la costanza con la quale le mantiene lungo tutti i 300 e passa chilometri di un Gran Premio grazie alla delicatezza del trattamento riservato alle gomme; b) il rendimento dei piloti, omogeneo nonostante qualche inevitabile alto e basso; c) gli sviluppi già programmati e quelli allo studio per cercare di adattare alla F10 le trovate più geniali degli avversari: l'alettone posteriore a resistenza variabile della McLaren e le sospensioni ad altezza fissa della Red Bull. Non è poco, ma, ribattono i pessimisti, non è neppure un granché se si considerano i punti negativi. Vale a dire: a) le trovate geniali, per ora, ce le hanno gli avversari, col risultato che le Red Bull vanno più forte delle Ferrari sempre (e si possono battere solo se si rompono) e le McLaren vanno più forte in rettifilo (e quando stanno davanti si possono superare solo se chi le guida fa un errore); b) i piloti avversari pistano quanto e spesso più dei ferraristi (oltre a Vettel sta guidando in modo fantastico soprattutto Hamilton); c) l'affidabilità del gruppo motopropulsore della F10 è lontana dall'essere raggiunta. Personalmente ritengo che il vero problema, quello che potrebbe finire per costare alla Ferrari la capacità di lottare per il titolo Mondiale, sia quest'ultimo. Quando sono abbastanza simili, infatti, nell'arco di una stagione le prestazioni di vetture e piloti finiscono per compensarsi, perché su di esse influiscono una somma di variabili – caratteristiche dei circuiti, condizioni meteo, errori ed errorini, posizioni di partenza, ecc. – che una volta favoriscono uno e la volta dopo un altro. Ma se non arrivi in fondo alle gare i punti non li fai mai, e sebbene la Ferrari in fondo ci sia quasi sempre arrivata (anche domenica la rottura del motore di Alonso si è verificata a meno di 10 chilometri dall'arrivo) è dolorosamente evidente che per riuscirci essa sta pagando un altissimo prezzo in termini di "spesa motori", perché dopo appena tre gare Alonso ha già fatto fuori quattro degli otto propulsori che il regolamento gli concede di usare in tutto l'anno, e Massa ne ha fatti fuori tre. Siccome di Gran Premi ne restano in calendario la bellezza di altri 16, se a Maranello il nuovo capo motorista Marmorini e i suoi ingegneri non si inventano qualcosa, e non lo fanno in fretta, dall'estate in poi sarà un calvario, perché le F10 beccheranno 10 posti di penalizzazione sulla griglia di partenza per ogni propulsore in più che monteranno. Non solo. In Malesia il motore di Alonso è esploso per la concomitanza di due fattori. Il primo è stato la rottura della frizione, che ha prima danneggiato lo spagnolo in partenza e poi lo ha costretto a guidare in modo innaturale; il secondo il surriscaldamento dovuto al fatto che Alonso, nell'ansia di superare Button per non essere da meno di Massa che ci era riuscito, gli ha negato l'aria di raffreddamento stando troppo a lungo incollato all'inglese. Duplice inaffidabilità accessoria, meccanica e umana, da aggiungere ai punti interrogativi che angosciano il Cavallino.

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