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SEMENYA Divieto di corsa

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CasterSemenya resta congelata in attesa dei risultati dei test che chiariranno, forse, la sua sessualità. La Federazione sudafricana di atletica (Asa) lascia l'oro di Berlino in panchina e pare non gradire il guanto di sfida lanciato da Caster pronta invece a tornare in pista. Ferma dai tempi della sua fulminante vittoria agli 800 metri dei Mondiali che tanti dubbi aveva sollevato in merito alla sua sessualità, fino ad oggi la questione di un suo possibile ritorno alle gare internazionali non era mai stata affrontata apertamente dalla Iaaf. Martedì l'annuncio della Semenya di tornare a gareggiare e ieri la risposta di Richard Stander, portavoce dell'Asa alla radio «702» di Johannesburg. Un botta e risposta giocato sul filo di un'etica di genere che pare essersi impadronita dell'atletica dallo scorso agosto. La Semenya ricorda alla federazione e al mondo intero che, uomo, donna o entrambe le cose, è innanzitutto un'atleta e l'Asa dribbla la questione sportiva puntando sulla legalità. La federazione aspetta i risultati dei test (attesi per giugno) a cui la Iaaf aveva sottoposto l'atleta sudafricana dopo il primo posto mondiale. Esami che avevano suscitato la reazione sdegnata delle autorità del Paese con tanto di minacciata denuncia all'Onu per violazione dei diritti umani. È stato il «Sun» a pubblicare il verdetto, mai reso pubblico dalla Iaaf, che però non ha risolto il dilemma di genere. Né uomo, né donna, Caster è un po' l'uno e un po' l'altro, vale a dire un ermafrodita. La vita della diciannovenne è cambiata sulla pista di Berlino, la polvere mangiata dalle sue rivali è diventata un vero e proprio processo mediatico (ma non solo) che quasi nulla ha risparmiato della dignità di chi, come lei, ha sempre rivendicato semplicemente il diritto di essere quello che è. Finita in un limbo umano prima che sportivo, eppure giudicata «non colpevole» dalla stessa Iaaf lo scorso novembre quando la federazione ha deciso di lasciare all'atleta medaglia, titolo mondiale e premio di 60 mila dollari. Un'assoluzione, però, seguita nei fatti dall'isolamento sportivo a cui Caster è stata sottoposta fino ad oggi. Per l'oro degli 800 metri nessuna competizione internazionale né meeting (l'ultima occasione persa proprio martedì a Stellenbosh), nonostante il «no» ufficiale sia arrivato soltanto ieri. In tutti questi mesi sono molte le notizie che si sono rincorse sul caso Semenya scoppiato a metà agosto. A fine settembre un giornale sudafricano rivelava che la Iaaf era a conoscenza della situazione dell'atleta già prima che lei gareggiasse ai Mondiali. Probabilmente la federazione aveva scelto il silenzio sperando in una medaglia. Proprio l'oro e le insinuazioni, più o meno sportive, però hanno fatto aprire un'inchiesta al comitato olimpico sudafricano. Da lì i test scientifici, le contraddizioni (più politiche che sportive) di una federazione che ha tardato fino all'ultimo istante prima di prendere una posizione e di fatto una carriera in stand-by. Il motivo per cui la Semenya vuole tornare a gareggiare l'ha spiegato lei stessa: «Le mie capacità atletiche e le mie possibilità di crescita sono fortemente compromesse, quindi è ora che torni in pista». Sulla questione di genere, poi, ha aggiunto: «Sono stata oggetto di un ingiustificato e invasivo processo di indagine sui miei aspetti più intimi e privati». Uomo o donna, Caster è l'oro degli 800 di Berlino, eppure per tornare a correre dovrà aspettare giugno.

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