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Ma il partito dei Tafazzi è sempre forte

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Comea Napoli, lavora lavora lavora e neppure vede o sente quel che gli gira intorno, ad esempio una sfiducia di fondo nutrita da chi vive nell'adorazione del calcio qualunquistico e assiste sdegnato alle esercitazioni difensivistiche di un antico condottiero di scuola triveneta, quella che ha reso celebri Rocco, Bearzot, Maldini, Zoff e Capello mentre a lui - il povero Reja - ha riservato un posto in loggione fra gli specialisti in salvezze. Come se non fosse noto che spesso è più facile vincere gli scudetti che salvare i poveretti. Che Lazio ha ricevuto in eredità da Ballardini, il povero Reja? Una squadra tutelata da mille alibi e da questi avviata alla rovina: l'odio del popolo per Lotito, l'assurda campagna-Pandev, l'immensa e mal sfruttata potenza di Zarate, la genialità incompresa di Ledesma, le diavolerie di Tare, e infine l'incompetenza di Ballardini già salutato come guru della panchina; tutto ha contribuito a mandare a fondo la Lazio finché il vil meccanico Reja Edoardo non s'è rimboccato le maniche e ha deciso che solo lavorando con uomini e non con pecore matte avrebbe conquistato il diritto alla salvezza. Ch'è ancora lungi da arrivare ma già gli chiedono - questa è l'aria che tira - come si prepara per il Derby e lui poveraccio deve far notare che ancora deve vedersela con il Milan, con il Napoli, con l'Inter... Oggi il primo dovere di Reja è quello di non dare ascolto alle sirene che già cantano vittoria né di temere la reazione in agguato degli zaratisti offesi dal reato di lesa maestà. Quando ho sentito che la Lazio doveva dotarsi di uno psicologo ho provato pena per l'antico amico che forse non è un mago dei moduli e degli schemi - aria fritta - ma ha costruito una onesta carriera proprio sulla capacità di aiutare e plasmare psicologicamente le squadre affidategli. E subito hanno detto che lui era d'accordo, un altro signorsì al servizio di Lord Lotito. E invece s'è ribellato e ha ottenuto - non dimenticate mai il dettaglio - quella presa di posizione, e di responsabilità, di un gruppo di pedatori che ha giurato «la Lazio fa da sé». Senza strizzacervelli. La strada da percorrere è ancora lunga, gli ostacoli da superare durissimi, la salvezza da conquistare a spese di avversari agguerriti: ma Reja andrà avanti così, senza esaltarsi né disperarsi, forte della sua banalissima convinzione che «questi ragazzi non meritano la posizione in cui si trovano». E fra quei ragazzi ci sono anche i Cruz e i Lichtsteiner, gli «oggetti misteriosi» di una stagione infame. E l'Incompiuto Zarate. Se riuscirà a farlo diventare un Lavezzi, l'opera sarà compiuta. Ma mi creda - Reja -: se salverà Zarate e la Lazio difficilmente gli chiederanno di restare. Il partito dei Tafazzi e dei qualunquisti è sempre forte.

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