Una capolista straniera e intollerante
Diceche Mourinho è un grande allenatore e Balotelli deve andare diritto in Nazionale, è probabilmente è proprio così, ma non giustifica affatto il comportamento dei due fuoriclasse sul campo, fuori dal campo o nei rapporti con la stampa, perché anche i fuoriclasse sono tenuti a restare tranquilli, specialmente in un Paese come il nostro che tende a trasformare ogni contrapposizione in una rissa. Un altro esempio dello scarso spirito di tolleranza che caratterizza un club per altri versi popolarissimo e benemerito per gloria sportiva come la società di Moratti è la reazione che o stesso presidente e qualche giornale milanese ha opposto ad un giudizio assolutamente obiettivo del CT azzurro. Ha detto giustamente Lippi: «Noi continuiamo a giudicare l'Inter, ma non si può parlare di calcio italiano, perché non c'è neanche un italiano». Il «Corriere della Sera» contesta l'affermazione del tecnico viareggino, pur definendola «descrittivamente vicina ala realtà» e sostiene a buon diritto che «migrazione e globalizzazione sono fenomeni coinvolgenti in maniera consistente anche lo sport e il calcio». Ma questa, almeno nello sport, più che una realtà di cui tutti ci stiamo accorgendo da un pezzo, diventa un problema, il problema - ammette sempre il quotidiano di via Solferino - del futuro delle Nazionali e della loro composizione. Ad onor del vero, alle Nazionali e ai relativi tornei mondiali e continentali, bisogna aggiungere - e non è poco in termini sportivi e spettacolari - i Giochi Olimpici. Lo ha capito, naturalmente più del presidente FIFA Blatter quello dell'UEFA Platini, ex-campione sui terreni di gioco, tanto da proporre un numero chiuso per il tesseramento nei vari tornei di calciatori provenienti da altre federazioni. Blatter, che pretende addirittura l'annullamento del fuori gioco, non se ne dà per inteso, ma prima di distruggere questo rarissimo giocattolo che è il calcio-spettacolo bisogna ricordare che la sua fortuna nasce dalla sua popolarità, e la sua popolarità va collegata anche, se non soprattutto, allo spirito di campanile, alla passione per i colori sociali, all'amor di patria. Una squadra di mercenari stranieri sarà ammirata senza dubbio in ragione della destrezza e dell'impegno dei suoi titolari, e sostenuta dai tifosi del club ma sarà apprezzata soltanto per i risultati, non per il suo legame sentimentale, tradizionale, storico con la folla e conferirà sempre al campionato o ai Giochi Olimpici la tristezza di un sogno perduto: un po' la differenza che corre tra un'innamorata e una «escort», come si chiamano ora le ninfe di un amore a pagamento. Non bisogna dimenticare che il football in Inghilterra nasce come «hurling at country», una battaglia di villaggi, come del resto era il calcio fiorentino, o l'ippica senese per le contrade. Certo che migrazione e gobalizzazione creano un problema e di proporzioni enormi rispetto alla storia dell'umanità, anche se costituiscono una risorsa altrettanto enorme per il progresso, la pace, il riscatto di popoli sfruttati per secoli. Ma bisogna andarci piano con le innovazioni, quando non siano precedute da una lunga ed accorta opera di educazione.