Passione bocce
Sì, è ridicolo che le Olimpiadi ospitino nel programma tecnico una parvenza agonistica legnosa e asfittica come il curling e rifiutino di tenere a battesimo le bocce, forti internazionalmente di un'infinità di adepti e di autentici atleti, donne e uomini, giovani e e meno giovani e per di più aperta a una consistenza sociale che in termini di aggressione patisce rari confronti. Da ieri, di tale realtà, che non è dunque limitata ai dopolavoristi del weekend, con il Centro federale allestito e inaugurato nella zona sud della Capitale, Roma si pone all'avanguardia. Otto anni di lavoro, per un gioiello unico in Europa per dimensioni e caratteristiche tecniche, inseguito da tempo da una Federazione e da un presidente, Romolo Rizzoli, che hanno trovato nell'amministrazione capitolina un interlocutore fortemente sensibile all'appello: 35.000 metri quadrati ceduti a titolo gratuito dal Campidoglio, e raramente cessione fu più ineccepibile, per un totale di 24 campi di gioco, 8 dei quali coperti, un reticolato logistico da far impallidire gli storici impianti sabaudi della Fiat. Che Roma fosse destinata a divenire il punto strategico dell'attività organizzativa e agonistica federale era segnato, non solo per la sua centralità e per l'ancoraggio al nucleo direttivo dell'attività, ma anche per una peculiarità tecnica che da decenni ha fatto delle bocciofile romane uno dei centri più vitali del territorio nazionale, con circoli disseminati in ogni quartiere cittadino e con forti componenti agonistiche. Dalle lontane stagioni in cui, s'era nel 1873, prese vita a Torino la Cricca Bocciofila, primo nucleo certificato del gioco, l'Italia ha maturato un'invidiabile tradizione, ponendosi progressivamente come l'unica alternativa allo strapotere dei cugini francesi, per i quali giocare a petanque, una delle specialità più popolari in cui si caratterizza il gioco, è fenomeno quotidiano, sia nei centri urbani che nei sobborghi provinciali. Di tale crescita italiana, s'ebbero nel tempo due segni inequivocabili. Il primo a Béziers, nel 1957, quando un quartetto azzurro composto da Granaglia, Carrera, Motto e Gaggero vinse il titolo iridato interrompendo la supremazia d'oltralpe. Il secondo nel 2002, quando la Federazione internazionale, dopo aver preso atto di una carriera impressionante forte di 13 titoli mondiali e di 11 continentali, proclamò Umberto Granaglia, torinese, classe 1931, giocatore del XX secolo. I praticanti italiani, distinti nelle tre specialità principali, raffa, volo e petanque, rasentano il milione. E molti di essi, da Dante D'Alessandro, maceratese, a Emiliano Benedetti, ostiense, a Germana Cantarini, cremonese, a Gianluca Formicone, teramano, sono ai vertici mondiali, segno di una nobiltà agonistica immune da cedimenti.