Psicoterapia Lazio
NORCIA - Un bunker. Tutti dentro all'Hotel Salicone di Norcia per riflettere sugli errori commessi e provare a rialzarsi con l'aiuto dello psicologo ingaggiato a tempo di record. Sotto le montagne imbiancate della Valnerina c'è un uomo solo al comando: «Fate girare il pallone come un flipper», «più veloce Lede», «dai Tommy, spingi». Parole e musica di Edy Reja l'uomo chiamato un mese fa per salvare la Lazio dalla B e che invece sta fallendo l'obiettivo prefissato. Sono urla che spezzano il silenzio delle valli umbre e regalano una squadra piena di dubbi e paure per gli ultimi deludenti risultati. Il tecnico biancoceleste li pungola, ha un consiglio per tutti e 24 i laziali che si è portato in questo mini-ritiro (fino a domani sera). Nessun dirigente al seguito, anche il diesse Tare è rimasto a casa e forse nemmeno Lotito si arrampicherà fin quassù pur avendo una residenza estiva ad Amatrice a pochi chilometri da Norcia. Tant'è, c'è bisogno di guardarsi negli occhi, di ricaricare le pile, di provare a rimettere insieme i cocci di uno spogliatoio devastato da lotte intestine e da discutibili scelte societarie. In aiuto di Reja, Daniele Popolizio, ultimo arrivato in casa Lazio. Di professione fa lo psicologo-motivatore e lavorerà per questi due mesi finali di campionato insieme con la staff tecnico biancoceleste nella speranza che ottenga gli stessi risultati avuti con Federica Pellegrini. Un centinaio i tifosi presenti ai due allenamenti arrivati dai paesi vicini e qualcuno addirittura da Roma per capire se è il caso di rassegnarsi oppure sperare ancora in un salvezza che, per come si sono messe le cose, avrebbe il sapore di un altro scudetto. I giocatori corrono, sudano sotto un splendido sole, rispondono alla sollecitazioni di Reja ma è difficile capire se tutto questo si vedrà anche al Sant'Elia, prossimo teatro di quella che è diventata una via Crucis. A proposito, si avvicina Pasqua e i laziali sperano in un miracolo di San Benedetto, protettore di Norcia. L'illustre santo dovrà fare un miracolo perché la classifica è pessima e l'umore del gruppo anche peggio con molti calciatori contrari a questo ritiro punitivo. Tra l'altro si è deciso di restare dentro senza nemmeno farsi una passeggiata sul corso di Norcia. Porta Romana, l'accesso al borgo medioevale, è distante pochi metri dall'albergo biancoceleste ma l'input è di non uscire mai. Tutti con playstation, cavetti vari per i collegamenti a internet e telefonini a tutto spiano per parlare con mogli, figli e fidanzate. Due allenamenti al giorno e poi tanti colloqui individuali di Reja e dello psicologo per cercare di trovare il male oscuro che ha spinto la Lazio sull'orlo di una retrocessione impensabile all'inizio di questa stagione. Eppure in queste dieci partite la banda biancoceleste mette in gioco 110 anni di storia, non solo l'eventuale retrocessione, ma qualcuno sembra non avere capito la gravità della situazione. Qualche altro, Maurito Zarate, presente nonostante la squalifica come Radu e Firmani, prova a sorridere. Resta in campo dieci minuti più degli altri, prova tiri da lontano sotto lo sgardo di Reja che dopo un po' lo blocca. «Basta Mauro, torniamo dentro». L'argentino annuisce anche se ha la faccia del bimbo a cui è stato tolto il lecca lecca per andare a mangiare la minestra. Si chiude l'allenamento, si fa sera, il clima diventa rigido, tocca allo psicologo mentre Reja ribadisce ai tifosi: «Abbiate fiducia, ce la facciamo a salvarci».