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Rigori e rimonte, per i giallorossi una maledizione

Claudio Ranieri

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Chi di rimonta ferisce di rimonta perisce. È triste scriverlo per una Roma alle prese con la netta inversione di tendenza rispetto a quanto le accadeva prima della sconfitta in casa del Panathinaikos del 18 febbraio. Fino a quella sera aveva collezionato 11 rimonte, dopo ha cominciato a subirle. Così è stato nelle due gare con i greci (dall'1-2 al 3-2 per loro là e dall'1-0 all'1-3, poi 2-3 il 25 febbraio all'Olimpico), a Napoli il 28 febbraio e domenica scorsa a Livorno, in una partita che ha confermato ancora una volta la sua avversione per i rigori. Un palo, quello di Pizarro, che è in linea con la storia romanista successiva alla maledetta finale di Coppa Campioni con il Liverpool dell'84. Fino ad allora il dischetto era stato sempre propizio alla Roma, che da lì aveva vinto le coppe Italia dell'80 e dell'81 e aveva superato un turno della Coppa Uefa 1982-83 a Norkoepping. Dopo il Liverpool, invece, solo delusioni, come l'eliminazione a Saragozza nella Coppa Coppe dell'84-85; quella dell'anno scorso con l'Arsenal negli ottavi di Champions; la finale di Supercoppa Italiana persa a San Siro con l'Inter nel 2008. E poi mettiamoci pure la mancanza di un nuovo Tancredi, visto che i suoi eredi non sono mai stati bravi quanto lui nel parare i rigori, tanto che l'ultimo respinto da un numero giallorosso risale al 20 settembre 2006. A pararlo fu Doni ad Ibrahimovic, ma la prodezza fu ininfluente poiché l'Inter vinse lo stesso all'Olimpico per 1-0 con gol di Crespo.

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