Lazio in ginocchio
Un calvario che sembra la Via Crucis. E la Lazio ha deciso di fermarsi a tutte le stazioni a bere l'amaro calice. Un'altra domenica di passione e anche la trasferta di Genova contro una buona Samp si trasforma in un disastro. Neppure il fuorviante avvio di partita è bastato per fare punti, lenta e inesorabile è arrivata l'undicesima sconfitta in campionato. Floccari apre la gara con un gol in sospetto fuorigioco e poi si spegne la luce. La Lazio arretra, si consegna all'avversario con una condotta tattica suicida degna delle peggiori edizioni della squadra targata Ballardini. Due clamorose distrazioni in difesa regalano le reti di Guberti e Pazzini: la partita è finita se non fosse per gli ultimi cinque minuti dove c'è stato un sussulto d'orgoglio e Storari ha dovuto giustificare il suo stipendio. Nella ripresa l'ingresso di Makinwa per Rocchi a confermare la confusione di Reja. Il tecnico friulano era partito benissimo a Parma poi si è incartato con scelte discutibili. I cambi continui di schema producono sconfitte e confusione come quella che si è vista nelle ultime tre partite. Prima il 4-3-1-2, ieri il 3-4-3 all'inizio, poi il 5-3-2: insomma un vero caos. Ledesma e Brocchi sono stati sovrastati dai dirimpettai, le tre punte sono diventate dopo un quarto d'ora un peso insostenibile per una difesa di burro. Ma ormai gli alibi per la squadra sono finiti. Ballardini ha sbagliato preparazione atletica e ha prodotto guasti evidenti ma con Reja le cose non sono migliorate più di tanto. I giocatori stanno portando la Lazio in serie B, tocca a loro tirarsi fuori dai guai. Dispiace per l'espulsione di Zarate venuta poco dopo quella di Reja (il friulano doveva regalare serenità ma ha rimediato due rossi nelle ultime gare). Le lacrime dell'argentino, la squalifica che gli sarà inflitta per una reazione isterica possono essere lette in tanti modi. Di certo sono un segno di vita, magari sbagliato ma per un gruppo dall'elettroencefalogramma piatto almeno è qualcosa. Ora ci proverà il pubblico, i laziali veri, quelli che hanno a cuore le sorti del più antico club della Capitale a dare una spinta nelle prossime gare interne. Si comincia domenica prossima contro il Bari ma non si può più sbagliare perché all'orizzonte c'è un calendario terribile. Undici partite, undici finali anche se non sembra che la squadra si sia ancora calata nella mentalità di chi deve sopravvivere dopo una stagione maledetta. Il pubblico laziale, fantastico a Genova e che anche ieri si è sentito gridare da uno stadio intero «serie B», ha capito, ora tocca a giocatori, tecnico e società provare a salvare la Lazio. Sul serio non a parole.