Ranieri: "Dopo Roma obiettivo nazionale"
Claudio Ranieri si muove da «re» nella sua Roma. Tra ricordi, passione, speranze. L'allenatore giallorosso, in un forum nella redazione de Il Tempo a piazza Colonna, dice tutto: la Roma che ha in testa, gli obiettivi stagionali e del futuro, la trasformazione del calcio vissuta in prima persona nella sua lunga esperienza in giro per il mondo. «Al Tempo ci venivo da bambino. Mio zio lavorava qui, faceva un po' di tutto, portava le foto e disegnava le pagine» racconta mentre osserva le foto d'epoca appese alle pareti di Palazzo Wedekind. In quasi due ore di intervista Ranieri fa uscire tutta la sua romanità. All'uscita lo aspettano i tifosi del Roma Club Palazzo Chigi: lui, disponibile come pochi nel mondo del calcio, entra nella sede e si fa passare al telefono il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega allo Sport, Rocco Crimi, grande tifoso romanista. Si incontreranno presto. Intanto Ranieri ha incontrato Il Tempo. Ranieri, che Roma ha ritrovato? «La città è super cambiata, 35 anni fa era molto diversa. Ma di tanto in tanto sono tornato. Ho casa, mia madre e i miei parenti vivono qui. Roma è sempre la stessa. Quando sei fuori ti accorgi di quanto sia unica in tutte le sue manifestazioni. Anche se siamo "caciaroni" noi romani siamo ben voluti da tutti: l'ho toccato con mano girando per il mondo». Da allenatore della Roma come si sente? «Si può immaginare cosa significhi per me. Da bambino allo stadio già mi veniva il batticuore a pensare: e se stessi io in campo? Figuriamoci adesso che sono l'allenatore». Qui c'è troppa pressione? «La vivo sdrammatizzando molto. C'è un palazzo in via Tornabuoni a Firenze dove l'architetto ha scritto: "è più facile criticare che fare"». All'estero è così? «In Spagna ci si avvicina molto. Le radio sono incredibili. Ricordo che c'erano due programmi molto ascoltati che mi volevano chiamare a mezzanotte. Il Valencia faceva stare i giornalisti nello stesso albergo della squadra, non ci facevano respirare». E in Inghilterra? «Lì si fa critica costruttiva e il popolo è abituato a ragionare in maniera sportiva. Non c'è stress e dispendio di energie nervose. Al Chelsea non andavamo mai in ritiro. Si pranzava alle 11.45 allo stadio, finita la partita hai vinto o hai perso parli con i tifosi in tranquillità, lì non ti "mangi" il cervello prima di giocare. Invece noi italiani viviamo talmente tanto prima la gara che se poi non va come pensiamo ci sentiamo smarriti». Che squadra ha trovato a Trigoria? «Mi aspettavo uno spogliatoio molto problematico e invece dopo una settimana mi sono reso conto che c'erano dei bravissimi ragazzi. Dovevo soltanto aiutarli a ritrovare serenità. Sapevo che la Roma era una grossa squadra, bisognava solo capire se era finito un ciclo o si poteva ancora provare a raggiungere cose importanti con questo gruppo. Si può fare ancora tanto, cercando anche di migliorare la rosa». Qual è il suo obiettivo? «Mi auguro di poter inaugurare un nuovo ciclo, questo mi è stato chiesto. Sapete tutti qual è la nostra situazione, questo abbiamo e questo possiamo fare per andare avanti. Servono le mosse giuste con un occhio al bilancio. Io ci credo». Il curvone di cui ha parlato quando si chiude? «Dopo la partita con l'Inter del 28 marzo. Poi c'è il rettilineo finale in cui dovremo andare a "manetta"». L'obiettivo resta un posto in Champions? «Sono abituato a lavorare sulle cose che sento, che posso raggiungere. Non posso illudere la gente perché poi illuderei me stesso. L'Inter è di un altro pianeta. In nove contro undici con la Sampdoria meritavano loro di vincere, non scherziamo!». Le squadre che si sono alternate nella rincorsa all'Inter hanno avuto tutte problemi. «Alt! La Roma mai, non fate i furbi. Avete provato a metterci lì ma io non l'ho mai detto. Anche perché: chi tocca i fili muore...». Quanti anni ci vorranno per colmare il gap? «Semmai quanti soldi! Guardate Abramovich, è arrivato, ha messo fior di milioni e ha vinto. Il Manchester City lo stesso: ha cambiato tecnico, ora dategli tempo. Ormai i soldi la fanno da padrone. Il bello del calcio è che il più forte non sempre vince ma a gioco lungo una squadra come l'Inter vince di più». De Rossi non sta giocando ai suoi livelli. «Tutti mi dicono che è al di sotto, ma io finora l'ho sempre incontrato da avversario. Come mio giocatore, lo potrò "pesare" solo quando vedrò il suo apice: da quel momento saprò dirgli se è al 20%, 30% o 100%. Per adesso devo ringraziarlo: se c'è un inglese nella nostra squadra è lui. Se ha mal di gola o alla caviglia, gli dico: "stai fermo". E invece viene ad allenarsi. Gli dico: "rallenta Danie'" e lui va come un treno. È un ragazzo eccezionale». E Totti? «Con questo ginocchio ne ha passate tante. Francesco è un altro che non si tira mai indietro. Ti dice sempre: "sto bene, gioco domenica, sono pronto". "Ma 'ndo stai pronto?!" gli rispondo io. Sono i giocatori più pericolosi. La mia filosofia è: meglio avere un calciatore per una partita in meno che rischiare di non averlo per cinque-sei». Quando torna in campo il capitano? «Non possiamo dire se per la partita con l'Inter, quella prima o quella dopo. Gli ho detto che non voglio sapere quando gioca ma di pensare a star bene. E quando il professor Mariani ci darà l'ok lo manderemo in campo. Poi è chiaro che lui soffre, lo vedi dalla faccia che cambia umore. I suoi occhi parlano». Più difficile tenere fuori Totti o Del Piero? «È difficile solo guardarmi allo specchio e non essere contento. E io sono sempre contento». Chi l'ha sorpresa nella Roma? «Mi ha sorpreso Pizarro, mi hanno "risorpreso" Taddei e Perrotta». Menez fatica ad emergere. «Fior di campioni francesi ci hanno messo tanto tempo in Italia: Platini, Zidane. Henry e Vieira sono venuti e sono andati via. Menez ha bisogno di giocare e sbagliare, di sentirsi importante. Lui ha tutto per diventare un grande campione. Se stava in un'altra squadra giocava sempre. Ma se tu non rendi e ho un altro a disposizione non posso farti giocare. Anche per rispetto verso la squadra: io devo badare al bene della Roma» Bisogna già pensare al dopo-Totti? «Stiamo andando avanti anche senza di lui. Totti smetta più tardi possibile, il problema non è adesso. Avevamo preso Toni per dargli un po' di riposo e avrebbero dovuto giocare insieme. Poi stava a me riuscire a farli coesistere con Vucinic». Vedremo prima o poi il tridente? «Devono stare tutti al 100%. Vucinic sta facendo un campionato strepitoso». Toni e Burdisso saranno i primi due acquisti del mercato? «Vediamo, Burdisso sta facendo molto bene. Chi gioca bene non vedo perché dovremmo cambiarlo». La difesa non sembra più così solida. «Non sono preoccupato. A Napoli la squadra era un po' stanca. Mi hanno criticato per il cambio Baptista-Faty? Spesso e volentieri ho messo un attaccante, come Menez a Firenze. Lì sentivo che la squadra poteva vincere. A Napoli no. In panchina poi non avevo un attaccante che mi poteva tenere la palla davanti». La squadra è in calo fisico? «Non lo so. In Europa abbiamo preso una mazzata e a Napoli abbiamo fatto un capolavoro sotto l'aspetto psicologico. Poi i ragazzi sono calati negli ultimi minuti e non hanno avuto quella rabbia che conosciamo. Ma a fine partita non puoi che abbracciarli. Oggi erano ancora abbattuti e ho detto: "oh, il Chelsea ha preso quattro gol in casa, che andate cercando?"». Doni è un caso? «Non gliene va bene una in questo momento. Gli hanno fatto dei gol incredibili, Denis per esempio. Secondo me non ha troppe colpe». Mexes non sembra più al centro del progetto mentre con Spalletti era un pilastro. «Anche per me. Ha soltanto bisogno di recuperare fisicamente. Ho tre titolari più un giovane come Andreolli che meriterebbe di giocare. Una cosa che va bene perché devo cambiarla?». Rivedremo la difesa a tre? «Può essere riproposta, è un'alternativa valida. Io non sono innamorato dei sistemi di gioco». Si sente un allenatore manager? «Se firmo per una società divento la mano di chi mi sta sopra. Sono uno che prima di accettare il contratto vuole sapere le cose. Nel momento in cui mi vengono cambiate le carte in tavola la chiudo lì. Per cui se ci sono delle difficoltà sono il primo che va a combattere in prima linea, però se tu dopo mi cambi le carte in tavola mi hai usato e io chiudo baracca e burattini». Le piacerebbe lavorare con più soldi a disposizione? «Mi dicono che ho avuto Abramovich ma lui al Chelsea c'era solo nel mio ultimo anno. È arrivato due giorni prima che finissero i libri in tribunale. A Zola non abbiamo potuto rinnovare il contratto. Lui non capiva, si mise d'accordo con il Cagliari e quando Abramovich fece di tutto per tenerlo lui gli disse che ormai aveva dato la parola a Cellino». Cosa le piace di Mourinho? «Un po' tutto, è molto italiano come Benitez. Mettono in campo la squadra bene, è difficile prenderli in castagna e come sbagli ti fanno gol». Però con lei il portoghese è stato maleducato? «Riguarda la sua persona e in questo non voglio entrare. Le battute fanno parte del carattere di ognuno di noi. Semmai m'è dispiaciuto molto quando ha detto che la Roma fa la furba. Tu vuoi cambiare alla pari Burdisso con Baptista, e no, dacci qualcosa...». I media e gli altri allenatori dovrebbero stipendiarlo per quanti argomenti dà. «Lo potrò fare quando anche il mio stipendio si avvicinerà al suo... Fino a quando prendo meno di un quarto no. Noi siamo molto più rispettosi, cerchiamo di parlare poco. Invece Mourinho parte, picchia duro e tutto questo carica la squadra. Complimenti a lui». È vero che Lotito l'ha cercata? «No. Con Cragnotti invece parlai prima che lui prendesse Eriksson: mi avrebbe preso se lo svedese rifiutava». Si aspettava una Lazio così in basso? «No. Adesso hanno Reja, uno molto navigato ed esperto. A vederla da fuori credo che abbiano inciso la partenza di Delio Rossi, e le questioni Pandev e Ledesma. Lotito era stato stupendo nel costruire questa squadra con pochi soldi, hanno vinto due trofei, mica è niente». L'incantesimo della Juventus si è rotto? «In tutte le cose c'è una parabola. Quanti anni l'Inter ha messo soldi e non ha vinto? Giustamente ora lo fa». Il settore giovanile della Roma è una speranza per il futuro? «Ha buone risorse, poi è normale che di Totti ne esce uno ogni tanto. Conti e tutti gli allenatori lavorano molto bene. Potrei fare alcuni nomi di ragazzi ma li tengo per me perché questa è una piazza particolare. Qui le mamme e i papà ti chiedono: "perché non gioca mio figlio? Devo parlare con l'allenatore" etc. etc. Durante le gare incitano i ragazzi, anche in modo sbagliato. Si sente dire: "rompigli le gambe a quello!"». All'estero non succede. «Vi racconto un episodio. In Inghilterra sono andato a vedere una partita dei giovani del Chelsea, un ragazzo va a battere il fallo laterale, il padre si avvicina da fuori e gli dice: "non è tuo questo fallo, è dell'avversario". E lui ha lasciato il pallone. Ecco la differenza». Che Mondiale sarà per l'Italia? «Peggio ci arriviamo e meglio rispondiamo. È la nostra storia». Totti andrà in Sudafrica? «Non so, dipende da Lippi e da Francesco. Vista l'annata io me lo terrei stretto qua. Il ragazzo ha già dato tanto». E Ranieri vuole allenare la Nazionale? «Vorrò. L'ho detto, a prescindere dalla Roma. È un mio sogno allenare una nazionale per un Mondiale o un Europeo, se poi è l'Italia meglio. Ora ho questo progetto con la Roma da portare avanti fino a che lo sento mio e società e tifosi mi vogliono». Roma-Milan di sabato si gioca con soli tre punti di differenza. «Per fortuna i soldi non sono tutto. Sono orgoglioso di quello che stiamo facendo, non era facile capire un nuovo allenatore. Le partite me le voglio sempre giocare. Gare come queste sono le cose belle del calcio. Ho saputo che i biglietti stanno finendo e alla squadra ripeto sempre: "quando noi riempiremo l'Olimpico vorrà dire che saremo sulla strada giusta"». Come si lavora con una presidentessa donna? «Non trovo differenze. L'importante è che quello che mi è stato detto si continui a fare e a dire. Rosella è una ragazza determinata, cocciuta come il padre, ha un carattere forte. La famiglia Sensi è stupenda e questo suo essere famiglia l'ha trasportato nella Roma: Bruno Conti, Pradè, adesso Montali, altro non sono che la famiglia Sensi proiettata in società». Come si risolve il problema abitrale? «Se mettessimo la moviola in campo contesteremmo anche quella. Siamo noi a non accettare gli errori. Una volta ce n'erano di più ma la gente non se ne accorgeva». Favorevole alle squalifiche per le bestemmie? «Noi entriamo nelle case per cui è giusto porre un freno. Ma parecchi dicono "porco zio", come fai capirlo in televisione? Prendete Buffon. È la persona più buona, cattolica, purtroppo quella è la massima espressione per scaricarti. È sbagliatissimo ma capita». Sui mercoledì delle nazionali la vede come Leonardo? «Non servono a nessunno. Guardate quanti giocano di quelli che vanno. Cosa vuoi scoprire a questo punto?». Cosa pensa quando dicono che lei ha fortuna? «Magari ce l'avessi....» Spera di recuperare gli infortunati per il Milan? «Toni si sta allenando. Pizarro può allenarsi due giorni prima ed è pronto, l'altro no. David sta lì, magari me lo vedo in campo tra pochi giorni». Al forum hanno partecipato il direttore responsabile Mario Sechi, il direttore editoriale Roberto Arditti, l'editorialista Gianfranco Giubilo la caporedattrice Sarina Biraghi, il responsabile della redazione sportiva Tiziano Carmellini e i redattori Luigi Salomone, Alessandro Austini, Simone Pieretti e Carlantonio Solimene.