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Italia, noia mondiale

L'amichevole Italia Camerun

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Che cosa resta, di un evento calcistico che tutti, dai protagonisti ai telespettatori, hanno vissuto con stati d'animo vicini all'angoscia, qualcuno avrà pure benedetto le pause pubblicitarie. L'Italia mostra prima una versione tattica inedita, poi si decide che tutti i convocati avessero diritto a una seduta di allenamento, i Leoni indomabili del Camerun simili a teneri micioni, vana la ricerca di un'emozione, di una parata importante, di un'azione da gol magari occasionale. Buona disposizione d'animo dei nuovi, conferma per Maggio, solido Bonucci, ma tanto vedremo i soliti Zambrotta, Grosso e tutta la giovane schiera alla quale Lippi affida le sorti dell'Italia, ma dal miracolo di Berlino sono passati quattro anni, purtroppo non invano. Per fortuna, da queste ridicole amichevoli non si ha l'obbligo di trarre indicazioni: che sarebbero sconfortanti, quasi quanto la serata di Montecarlo, da cancellare dalla memoria. Lecito domandarsi quante probabilità ci siano di vedere in campo in Sud Africa uno schieramento azzurro come quello di Montecarlo, dove pietosamente pioggia e vento avevano tenuto lontani gli spettatori neutrali. Difesa a cinque più De Rossi a costante supporto, felice il romanista nei lanci, unica soluzione una volta che la manovra a centrocampo era un'utopia.   Largo a destra, l'esordiente trentenne Cossu ci ha messo tempo a trovare qualche spunto, naturalmente accentrandosi, dalla fascia si chiedeva dove fosse il suo Cagliari moto perpetuo. Poiché gli africani mostravano lo stesso entusiasmo con il quale avrebbero affrontato un'escursione in una cittadina dell'Alabama presidiata dal Ku Klux Klan, difficile che qualcuno si potesse divertire, primo tempo da letargo in campo e in tribuna. Ripresa con vista su Roma-Milan, a riposo De Rossi, Pirlo e Borriello oltre a Criscito, girandola di cambi anche per il Camerun, ulteriore calo dei già scarsi significati di una serata sprecata. Anche Claudio Ranieri, che di professione fa l'allenatore di calcio, sottolineava la quasi totale inutilità di questi appuntamenti delle squadre nazionali quando ancora il campionato è in corso.   Se servono indicazioni sullo stato di forma degli elementi sotto osservazione, ci sono a disposizione dieci partite a settimana, tenendo presente che un'attendibile verifica della condizione si potrà avere soltanto nell'imminenza del viaggio in Sud Africa. Poi si sfiora il ridicolo quando si parla di collaudo degli schemi: che già non esistono in partenza, visto che il cittì deve adeguarsi ai moduli cari alla quasi totalità delle squadre che contano, e che comunque prevedono addestramenti meno precari dei novanta minuti di una partitella con tanti cambi e comune volontà di risparmiare energie preziose. Ma in questo momento in Italia ci sono vicende più serie delle quali occuparsi, su tutte quella guerra santa alla blasfemia che vincerebbe, per i modi di attuazione, qualsiasi festival mondiale della comicità. La sentenza sull'interpretazione del labiale è un capolavoro, una «a» assolve, una «o» condanna, bordocampo affollato di spioni di finissimo udito. Qualcuno spieghi perché non becca il rosso diretto il giocatore che alza la maglia per mostrare la dedica di ringraziamento a Dio, così affibbiando al Padreterno la patente di tifoso e dunque di fazioso. Più bestemmia di così! Attenzione, i censori sono gli stessi che avevano ignorato le passeggiate sul collo di avversari a terra, che nessuna prova televisiva hanno chiesto per Huntelaar, gesto dell'ombrello, dopo il gol, ai tifosi viola. Deve trattarsi di un'esultanza olandese sulla quale siamo poco preparati.

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