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La squalifica per bestemmia scade nel ridicolo

Domenico Di Carlo

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Rigori dati e poi tolti, gol fantasma non concessi, errori su tutti i campi eppure l'unica novità del weekend calcistico è la condanna, giusta, della bestemmia in campo. D'accordo, i labiali dei giocatori sono televisti dai bambini e il calcio assume sempre più valenza educativa ma della squalifica per bestemmia introdotta dalla Figc non se ne avvertiva la necessità. Punire con la squalifica di un turno, come successo a quattro eroi pallonari di serie A e B, è una stupidaggine colossale. Non perché non sia censurabile la volgarità blasfema ma perché si creano due pesi e due misure quando invece si insegue una legge uguale per tutti. Molti stadi hanno più telecamere rispetto ad altri e poi chi può garantire che gli stranieri non si lascino scappare qualche bestemmia nella loro lingua madre? Si crea una disparità perché, ad esempio, l'Inter è favorita, Materazzi permettendo mentre le squadre piccole finiranno per essere penalizzate dalla presenza di tanti italiani in rosa. Il primo caduto nella rete è l'allenatore del Chievo Domenico Di Carlo da Cassino, trapiantato al Nord, patria della bestemmia che in alcuni casi è entrata nell'intercalare popolare. Il padre benedettino dell'abazia ciociara ha già pronta la scomunica che recapiterà al concittadino illustre per la clamorosa caduta di stile. Ma non è tutto, perché a Davide Lanzafame può capitare di camminare sulla linea laterale e di farsi beccare in flagrante da un assistente fin troppo solerte: un turno di stop anche per l'attaccante emiliano. In B è toccata al portiere Sicignano e al difensore Scurto. Il capitolo più divertente è quello delle giustificazioni: «C'è l'avevo con zio» o altre invenzioni esilaranti. È andata bene a Marcolini sempre del Chievo. «Il calciatore clivense - si legge nella decisione del giudice sportivo - proferiva apparentemente un'espressione gergale, in uso nel Triveneto ed in Lombardia, con becero riferimento a Diaz e non a Dio (il diverso movimento delle labbra nelle pronuncia della vocale aperta "a" rispetto alla vocale «o» legittima quanto meno un'incertezza interpretativa)». Soddisfatto Reja, friulano purosangue e quindi soggetto all'errore. Avendo in squadra il brasiliano Dias, può sempre dire che se la stava predendo col suo difensore distratto. Siamo al delirio: la norma sarà pure giusta nei principi guida ma è assolutamente inapplicabile su un campo di calcio.

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