Braccio di ferro Sensi-Unicredit
La tempesta continua. Anche se il rumore, ultimamente, si sente un po’ meno. Mentre la Roma vola sul campo e sogna lo scudetto, il futuro societario resta preoccupante. L’assemblea di ieri mattina di Italpetroli non è servita di certo a riportare il sereno tra i Sensi e Unicredit, azionista al 49% della holding che controlla indirettamente l’As Roma e creditrice verso la stessa per circa 300 milioni di euro sugli oltre 400 totali. I tecnici di Italpetroli hanno risposto ai rilievi mossi da Unicredit (con richiesta di chiarimenti a sindaci e revisori) riguardo all'approvazione del bilancio 2008: secondo la banca il valore del patrimonio netto (nav) non è stato comunicato nei tempi previsti. Questo ha portato alla disdetta da parte di Unicredit del patto di riscadenzamento del debito e alla richiesta al giudice di decreti ingiuntivi su 13 asset dei Sensi (Roma esclusa), ora oggetto di un arbitrato che inizierà a marzo e dovrebbe concludersi a maggio. Non solo, il bilancio è stato impugnato lo scorso 11 novembre dalla banca che ritiene sia venuta meno la continuità aziendale del gruppo: per domani è prevista la prima udienza al Tribunale di Roma. Ieri la Sensi, attraverso i suoi legali, ha ribattuto punto su punto ai rilievi, ritenuti infondati, e si è detta in disaccordo sulle cifre del debito in merito al calcolo degli interessi. L'assemblea, alla quale hanno partecipato gli avvocato Agostino Gambino e Antonio Conte per Italpetroli e Francesco Carbonetti per Unicredit, si è chiusa con l'approvazione a maggioranza della situazione patrimoniale di Italpetroli al 30 novembre 2009, ma con il voto contrario della banca. La posizione di Unicredit non cambia e adesso si aspetta la relazione di sindaci e revisori che dovranno rendere conto del loro parere positivo espresso sul bilancio 2008. I legali di Unicredit hanno già preparato la richiesta di azione di responsabilità nei confronti degli stessi sindaci e revisori (art. 2409 ex codice civile) da utilizzare nel caso le risposte non saranno convincenti. Considerate le perdite del gruppo (33 milioni di euro nel 2008, con il rischio di dover abbattere il capitale se il rosso nel 2009 supererà i 17 milioni) e l'assenza di nuovi soluzioni proposte dai Sensi, la posizione di Unicredit non cambia rispetto agli ultimi mesi: bisogna vendere asset. L'alternativa è una ricapitalizzazione alla quale la banca sarebbe pronta a partecipare, ma l'ipotesi non sembra trovare consensi nell'azionista di maggioranza. Quando si pensa alla vendita di asset il pensiero non può che andare alla Roma, il gioiello del gruppo, reso ancora più appetibile negli ultimi mesi dai risultati sportivi che presumibilmente riporteranno la squadra in Champions League nella prossima stagione. Se i Sensi saranno costretti a mollare il club, un interlocutore credibile resta l'imprenditore farmaceutico Francesco Angelini che continua a seguire dall'esterno la vicenda.