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Azzurri, l'ora dei processi

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Chefosse difficile ripetere l'exploit di Torino 2006 era stato preventivato. Ma una disfatta simile non se l'aspettavano neppure i più pessimisti. A pochi giorni dalla fine dell'Olimpiade di Vancouver e con poche cartucce ancora da sparare, il bilancio degli azzurri indica profondo rosso. Ieri il bollettino ha registrato il crollo della staffetta uomini nel fondo. Quelli che a Torino avevano conquistato l'oro e salivano sul podio ininterrottamente da Albertville. Checchi, Zorzi, Piller Cottrer e Di Centa hanno chiuso noni a oltre 2 minuti dalla Svezia trionfatrice. Buone notizie non sono arrivate neanche dal Gigante donne. La 2ª manche è stata annullata per la nebbia e dovrebbe essere recuperata oggi, ma già nella prima la maggior parte delle azzurre era fuori dalla lotta per le medaglie. A partire dall'attesissima Denise Karbon, condizionata da un errore nelle prime fasi che ha segnato tutta la gara. Qualche timida speranza per Manuela Moelgg 8ª, ma servirà un'impresa. E così l'Italia resta disperatamente aggrappata a Carolina Kostner e ai suoi propositi di (difficile) rimonta nel pattinaggio di figura. Dopo il programma corto è 7ª, spera di rifarsi stanotte nel libero. I bookmaker accreditavano agli azzurri quattro medaglie prima dei Giochi. Si sono rivelati incredibilmente precisi. L'Italia ha incamerato i podi di due veterani come Zoeggeler e Piller Cottrer, oltre a quelli delle «sorprese» Pittin e Fontana. E lì si è fermata. Ieri Petrucci si è lasciato sfuggire un «sono avvilito», mentre il presidente della Fisi Morzenti si diceva deluso ma specificava come non sia ancora il tempo «di fare processi e fino alla fine dei Giochi dobbiamo restare tutti uniti». La verità è che a Casa Italia il clima si è fatto pesante, come testimonia il gesto della delegazione del Coni durante la gara del Gigante uomini: dopo che Blardone aveva visto sfumare la medaglia, gli italiani si sono alzati e sono andati via, senza aspettare che tutti gli atleti tagliassero il traguardo. Alla faccia della «cortesia istituzionale». Lo spettro di chiudere l'Olimpiade con lo zero nella casella ori è vicino. Non succede da 30 anni (Lake Placid 1980) ed è paradossale accada dopo i fasti di Torino 2006. Quell'edizione dei Giochi doveva essere l'occasione per rilanciare il movimento, creare talenti e strutture. A distanza di 4 anni è avvenuto il contrario, con l'intera «generazione di mezzo», quella dei Fabris e delle Kostner, persa tra preparazioni sbagliate e blocchi psicologici. E gli impianti? La pista di slittino di Cesana, quella adorata da Armin Zoeggeler, rischia di chiudere per i debiti. Sono passati solo quattro anni, sembra un'eternità. E il panorama azzurro dello sport invernale è diventato completamente nero.

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