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Lotito: "Mi contestano Ma tutti mi imitano"

Claudio Lotito, presidente della Lazio (foto GMT)

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Presidente Lotito, facendo un bilancio di questa stagione, si è pentito di qualcosa? «Mi sono pentito dei risultati ottenuti». Ritiene di aver sbagliato la scelta del tecnico? «No. Ballardini è un grande professionista. Rifarei la stessa scelta: in quel momento non c'erano altri tecnici, Ballardini era il migliore sulla piazza, ha valorizzato molti giocatori che erano ai margini. Lui ha pagato una situazione interna ed esterna, ha pagato anche la scelta della società di camminare su certe logiche. Purtroppo si era venuta a creare una situazione non più compatibile, e quindi ho dovuto accrescere i costi della società ingaggiando Reja». Ora c'è stato il cambio di panchina. «Reja è una mia invenzione. Cambiare il tecnico a ottobre non aveva alcun senso. Il nostro allenatore a Spalato era un re. Era venerato, per rilanciare l'offerta della Lazio gli avevano proposto 5 anni di contratto. Ho dovuto trattare personalmente con il sindaco di Spalato che detiene il 65% delle azioni della società. Anche un altro club - la Juventus n.d.r. - lo aveva provato a ingaggiare, senza riuscirci. Ci sono riuscito solo io, dopo due giorni di trattative estenuanti. Il problema allenatore é emerso da novembre in poi, prima non avrebbe avuto senso cambiare».   La Lazio senza Pandev e Ledesma stava andando in Serie B: ha fatto una battaglia contro i mulini a vento. «Non sono d'accordo, come dirigente ho l'obbligo di cambiare un sistema che non funziona. Ritenevo che l'inserimento di Cruz tecnicamente potesse sostituire Pandev. Far giocare il macedone? Ci sono delle regole di equilibrio all'interno dello spogliatoio che vanno rispettate. Io sto buono e zitto, ma se tiro fuori certe cose scoppia una bomba. Perchè Ledesma non ha firmato un rinnovo da top player? Perché Pandev non ha rinnovato davanti a una cifra molto più alta di ciò che percepiva? Pandev non vi ha detto che é stato interrogato dalla Procura Federale? Io sono duro a morire, mi sono esposto in tutte le sedi, più di quanto possiate immaginare».   Ai tifosi la scelta di escludere Ledesma e Pandev è apparsa autolesionista. «La Lazio era di fronte a una scelta: o il rispetto delle regole, o il rispetto dell'interesse del momento. Ho scelto il rispetto delle regole, perchè il momento passa, le regole restano. Questa mia filosofia viene apprezzata in tutte le parti del mondo, tranne a Roma: nemo profeta in patria. La situazione è endemica: sono stato contestato anche con la Coppa Italia in mano sotto la curva, anche a Pechino dopo aver vinto la Supercoppa. Esiste uno zoccolo duro di pochissime persone che vogliono condizionare la politica di questa società: sono duecento, duecentocinquanta persone che fanno financo sciacallaggio a livello politico». Torniamo dalla vicenda Pandev? «È stata la punta dell'iceberg di un sistema che va totalmente cambiato, rappresenta un atteggiamento di violazioni di norme. Non a caso alcune istituzioni stanno indagando. Ci sono cose che vanno corrette. Il Collegio Arbitrale della Lega che ha sempre privilegiato l'Aic. Ho sollevato questa anomalia in tempi non sospetti: non è garantita la terzietà di giudizio».   Cosa le ha insegnato la vicenda Ledesma? «A Ledesma hanno dimostrato che nella vita non sempre si ottiene ciò che si ha in testa. A me ha insegnato che la battaglia che sto facendo è una battaglia giusta. Non c'è mai stato un ravvedimento da parte della società. Ballardini non mi ha mai chiesto di far rientrare Ledesma». La contestazione continua. «Io sto pagando l'impegno che ho profuso nel cambiamento del sistema, sapevo che si sarebbero venute a creare tali conseguenze. Sono cose che accadono quando si entra in un sistema protetto cercando di cambiarlo, un sistema di persone che vogliono conservare un modo sbagliato di fare calcio. Il grosso scontro è con Aic, il cancro vero del calcio è l'accordo collettivo dei calciatori. E' assurdo. Io vado in prima linea e combatto il sistema, gli altri stanno zitti perchè sono tutti collusi».   Lei ha fatto "irruzione" anche in Federcalcio. «Sono stato eletto per i miei meriti. E' il punto più alto della Lazio in 110 anni di storia. E mi sono fatto sentire, da subito. Poi fanno uscire sul giornale: "Lotito conta le penne". Ci sono costi per seicentomila euro di penne e matite. Cosa fanno, se le mangiano? Quando si parla di sistema, si parla di un sistema chiuso dove la gente si mette d'accordo. Sono sempre gli stessi. De Laurentiis sta dalla mia parte, è uno come me, sta con me. Ci mettiamo soldi, tempo e la faccia. Agli altri non interessa cambiare il sistema. Il calcio produceva un miliardo di debiti ogni anno. il primo giorno in cui ho messo piede in Lega Calcio ho preso la parola creando stupore: lì parlavano sempre gli stessi, i soliti cinque o sei. Nel 2004 ho parlato di stadi di proprietà, di salary cap, di defiscalizzazione. E un gioco a vantaggio della Lega, ovvero le scommesse. Erano vent'anni che provavano a fare la separazione tra Serie A e Serie B. Sono arrivato io e ci sono riuscito, da solo contro tutti. L'iva obbligatoria, i cambiamenti delle norme, sono tutte cose che ho fatto io. E la lettera di Platini a tutti i capi di Stato europeo? E l'equilibrio finanziario da lui proposto alla cena fatta in Campidoglio? Secondo voi é una cosa inventata da lui? Precedentemente avevo parlato con il presidente dell'Uefa Platini a pranzo, c'é Manzini testimone, chiedete a lui». Tutte cose bellissime, ma i tifosi vogliono una squadra competitiva. «Se non avessi comprato i giocatori, avrebbero anche ragione. Ma io ho comprato fior di giocatori. Ma era ipotizzabile che Zarate segnasse solo tre gol? E' irriconoscibile. Era prevedibile che Rocchi e Cruz segnassero così poco? Abbiamo la seconda miglior difesa del campionato. Ho un attacco con Rocchi, Zarate, Floccari, Cruz e Foggia, uno dei migliori del campionato, non posso rimproverarmi nulla. I giudizi sulla Lazio sono ingenerosi. Ci hanno ammazzato gli infortuni e una sfiga maledetta. Poi pali, traverse e fattori esterni hanno portato a questi risultati. Anche io non sono infallibile». In tanti le fanno la guerra. Si sta coinvolgendo anche la politica, accusata di averla messa al timone della Lazio. «Non bisogna fare invasioni di campo, né atti di sciacallaggio elettorale. Non ha avuto alcun aiuto politico. C'è una regìa dietro la contestazione: Lotito dà fastidio, sono uno che rompe gli schemi, che vuol rompere il sistema. E il sistema cerca di proteggersi».   I tifosi si auspicano un nuovo proprietario. «Sono il maggior azionista della Lazio, non mi faccio intimorire da nessuno. Ho oltre il 67% delle azioni, non ho intenzione di vendere, non ci sono offerte per acquistare la Lazio, non vendo e non venderò mai. E qualora dovessero arrivare offerte comunque non venderò, mai. Io per la Lazio sono pronto a farmi ammazzare». I suoi appalti dopo l'acquisizione della Lazio sono diminuiti? «Hanno avuto una contrazione, mediaticamente sono stato individuato come persona di una certa espressione politica. Io con la Lazio c'ho rimesso, di certo non ho vantaggi nel mio ambito imprenditoriale. Non ho mai avuto agevolazioni da parte di alcuno. Ho comprato la Lazio senza l'aiuto di nessuno, staccando personalmente un assegno di 23 milioni di euro. Non c'entra niente la Regione Lazio. Sull'acquisto della Lazio si continuano a dire un'infinità di falsità: ho ereditato 550 milioni di debiti, ho salvato questo club dal fallimento certo, non prendo un euro di compenso. La Lazio é una società modello, che paga puntualmente gli stipendi, che continua a pagare debiti contratti da altre gestioni, e al tempo stesso porta avanti una gestione ordinaria. Non mi é convenuto prendere la Lazio, non l'ho presa per interesse personale, ma soltanto per motivi passionali». Non può negare che prima di diventare presidente della Lazio era sconosciuto, non la conosceva nessuno. Nell'archivio del giornale non esisteva una sola foto di lei. La Lazio le ha portato fama e visibilità. «Io ho avuto solo danni, la notorietà mi ha portato solo danni, mi ha creato una visibilità negativa».   La Roma guarda all'azionariato popolare. «Nel sistema economico nazionale, e in quello romano non ci sono le condizioni per portare avanti iniziative di questo genere. In Italia c'è un senso spiccato di proprietà, c'è una mentalità diversa rispetto al resto d'Europa. La gestione comporta decisioni immediate, se ci sono milioni di azionisti deve essere eletto un unico rappresentante. Su quale base deve essere eletto? La mediazione diverrebbe compromesso, ovvero una non scelta. Questo va bene in un sistema produttivo, non in un sistema dove il risultato è legato a fattori imponderabili. Non ci sono le condizioni, non é una via percorribile».   A che punto é il progetto sullo stadio? «Aspetto la legge. Lotito non può speculare perche lo stadio non lo realizza Lotito, ma la Lazio. La storia delle speculazioni é una mistificazione mediatica. Aspettiamo la legge, poi ci muoveremo in base alla norma. Lotito non deve fare nessuna speculazione, Lotito ha lanciato un'idea. Oggi tutti hanno capito che la salvezza delle società sono gli stadi. Se domani mattina i diritti tv restano invenduti, o subiscono un ribasso di valutazione, cosa succede? I contratti in essere come li portiamo avanti?». Ha avuto paura dopo Lazio-Catania? «E' un sentimento che non provo. Sono più irriducibile degli Irriducibili, ho il mio motto nel dna: non mollare mai». Lei si pone spesso come modello. «Il primo anno da presidente presi i giocatori a parametro zero e tutti mi attaccarono. Poi hanno tutti cominciato a fare ciò che facevo io. Poi mi sono inventato il prestito con diritto di riscatto, e tutti hanno iniziato a imitarmi. Questi sono tutti sistemi inventati dal sottoscritto». Si, ma é arrivato anche Carrizo. «Non lo volevo prendere, mi hanno messo in croce. Makinwa l'ho voluto io? Ledesma l'ho voluto io? Carrizo l'ho voluto io? Ho accettato le richieste. Poi quando i giocatori non vanno bene, l'allenatore prende e li mette da parte. Radu faceva la riserva di Kolarov, io l'avevo preso come difensore centrale». Ci potrebbe essere, in futuro, un ruolo da dirigente per Reja? «Ora tiriamoci fuori da questa situazione. Ieri Reja mi ha chiamato dicendomi: "Questa squadra è proprio forte, sono in difficoltà per effettuare le scelte". Dobbiamo accrescere l'autostima e lavorare con spirito di sacrificio. Abbiamo un grande organico. Hitzlsperger? Se non gioca non resterà a Roma a fare il turista». C'è qualche rimpianto vedendo la reazione della squadra a Parma di non aver sollevato Ballardini qualche settimana prima? «Ogni piazza ha bisogno dell'allenatore giusto. Ballardini ha pagato lo scotto di una situazione interna ed esterna che si è venuta a creare. Cosa è cambiato da settembre a oggi? Gli infortunati hanno recuperato e la sfortuna ha smesso di tormentarci. Guardate il derby... meritavamo di perdere? E col Catania? Nella vita conta anche la fortuna. Cosa volete imputare a Ballardini?». Lei è visto come un accentratore. «La Lazio necessita di un lifting societario, ma dalla scorsa estate a oggi ci sono state delle priorità: a luglio, era quella di trovare un nuovo tecnico per sostituire Rossi. Poi era necessario riorganizzare l'organico, successivamente abbiamo dovuto far fronte alla sostituzione di Ballardini. Se si aprono troppi fronti, non se ne chiude nessuno».   Come immagina la Lazio del futuro? «Immagino un club in crescita, a livello di organizzazione, di potenzialità, dal punto di vista tecnico. Siamo la società che nel mercato ha speso di più».  

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