Il Sindaco convochi Lotito e gli faccia chiedere scusa

Dimmi solo che è un brutto sogno. Il tratto veloce di questo sms è la copia scritta dell'atmosfera surreale che ieri ha accompagnato la Lazio all'uscita dall'Olimpico. Un silenzio. Un silenzio umido di lacrime trattenute. Un silenzio muto di chi ha smarrito, per ora, anche la voglia di arrabbiarsi. I tifosi laziali hanno pregato, tanti e tanto, alla vigilia di Lazio-Catania. Evidentemente, l'assenza prolungata della madonnina di Montemario testimonia anche visivamente che i santi protettori e i numi tutelari hanno voltato le spalle alla squadra biancoceleste. Peggio, in virtù di una penitenza cinica, l'hanno consegnata nelle mani di un presidente che non è riuscito a farsi né amare né sostenere, neppure con una coppa in mano, e un allenatore astenico che continua a stravaccarsi in panchina quando la squadra che mette in campo fa piangere e va ai microfoni per dire che sì, la situazione è difficile, ma ci sono i mezzi per risollevarsi. Se i mezzi si chiamano Dias, Biava e Hitzlsperger stiamo freschi, considerati il fantasma di Zarate in campo e quelli di Lichtsteiner e Foggia fuoricampo Se le scelte di gioco sono quelle di gettare in mischia quattro attaccanti, roba da partita tra scapoli e ammogliati, prepariamoci ad assistere a una via crucis lunghissima.  «Dimmi che è solo un brutto sogno». Magari. Scrive un romanista: «Continuate a farci sognare». Ecco, sì, un incubo di carne viva. Se il campionato finisse oggi, la Lazio sarebbe in serie B, appresso alla moralità lotitesca, ai sogni di gloria, alla gestione suicida di Pandev e di un parco giocatori enorme e inutile, alle vicende grottesche del calciomercato, alla rabbia disarmata di una tifoseria che si sente espropriata di tutto, anche della voglia e del diritto di contestare con forza, con scorno, con rabbia, l'ennesima sconfitta rimediata contro una squadra mediocrissima. E a questo punto, che si fa? Che potere ha il tifoso di sovvertire uno stato di fatto mortificante e mortifero? Nessuno. Abbiamo a che fare con un presidente smarrita nell'autoglorificazione e totalmente insensibile alla disperazione dei tifosi. Verrebbe da dire: palesemente disinteressato. Ma il silenzio irreale dell'Olimpico è incubatore di un malessere che può esplodere in forme disarticolate, il problema di una città intera e non solo del presidente della Lazio. A questo punto, non resta che chiedere aiuto al sindaco di Roma, a Gianni Alemanno. Si tratta del rischio di fallimento di una società, con centinaia di migliaia di sostenitori, di un'identità calcistica a rischio rottamazione. Caro sindaco, il comunicato di solidarietà ai tifosi laziali è doveroso, ma oggi c'è bisogno di un gesto dal forte valore simbolico. Allora, faccia un passo deciso, scenda in campo accanto ai sostenitori della prima squadra della Capitale. Convochi quanto prima Lotito in Campidoglio. Gli spieghi che il presidente di una squadra di calcio, ancora di più della S.S Lazio 1900, non è un amministratore di condominio ma il temporaneo custode di una storia ultracentenaria che chiede prima vocazione e poi rispetto. Porti Lotito in conferenza stampa e lo spinga a fare l'unica cosa possibile: chiedere scusa. E Lei, caro Lotito, in quell'occasione, ammetta gli errori clamorosi compiuti in questi mesi, dica la verità su una situazione indecente, folle, paradossale. Solo in questo modo potrà chiedere a questi stessi tifosi, schiaffeggiati e umiliati nel loro senso di identità e appartenenza, di trattenere il comprensibile istinto di rivolta, la nausea, la rabbia nei confronti del presidente meno amato della storia biancoceleste, per stringersi attorno alla Lazio. Questa è moralità, non le chiacchiere. Se non l'ha capito, la Lazio sta andando in B per colpa sua.