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Ma Desailly resta un sogno proibito

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Allafine, queste fase di riparazione offerta ai club e agli operatori lascia più o meno tutto al punto di prima, regala al tifoso qualche volto nuovo da esaltare anche se magari vale meno di chi è partito, rispetta sostanzialmente gli equilibri acquisiti. Ne passeranno ancora di anni, temo, prima di poter celebrare una «new entry» destinata alla storia, come quella, ormai vecchia di diciassette anni, che propose in Italia l'immagine di Marcel Desailly. Garante, il francese, di tanti trionfi milanisti, grazie però anche alla geniale intuizione di Fabio Capello, che il suo gigante lo aveva piazzato davanti alla difesa, al Milan bastava segnare una volta e la vittoria era in cassaforte. Con la perla di uno splendido gol nella finale di Coppa dei Campioni stravinta ad Atene sul Barcellona di Cruyff. Minore visibilità per un altro arrivo di mezza stagione, quel Francesco Romano che sarebbe diventato, per il Napoli e per le sue ambizioni di scudetto un regista straordinario. Difficile attribuire promozioni o bocciature per le venti formazioni che dilatano le loro aspirazioni tra scudetto e sopravvivenza, passando attraverso le posizioni utili per l'Europa, quella di lusso e quella per la media borghesia. Al vertice, l'Inter merita attenzione soprattutto per l'arrivo di Goran Pandev, impensabile il rapporto tra qualità e prezzo (zero, il prezzo, non la qualità), buona prospettiva Mariga, ancora a metà con il Parma. Curiosità, più che reale entusiasmo, per il trasferimento di Amantino Mancini sulla sponda milanista: in materia, l'Inter aveva già dato con larghezza, Pirlo e Seedorf una manna per i cugini. Nei voti di mercato della Gazzetta, sorprendente l'insufficienza per la Lazio, forse riconducibile alla discutibile gestione dei dissidenti. Lotito va applaudito per le scelte invernali coraggiose, quasi una fida alle frange più sgradevoli del tifo, dal mulatto Andrè Dias all'israeliano Golasa, da aggiungere a rinforzi affidabili come Floccari e Biava. E poi Hitzlsperger, un tedesco che conduce una sua battaglia personale contro ogni forma di razzismo e di discriminazione etnica e sociale. Auspicabile che il suo pensiero possa felicemente ispirare quella maggioranza del tifo che, non soltanto a Roma, rimane inerte di fronte ad atteggiamenti che non condivide e che in cuor suo condanna, senza però reagire. La Roma si è accollata, per i sei mesi di prestito, metà del ricco ingaggio di Toni, ripagato in parte da qualche esodo con la stessa formula. Questo passa un convento povero in canna.

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