Sono lontani i tempi della "cupola"
Diciamoci la verità, di questi tempi merce rara e quindi più apprezzabile: qui a Roma sembra interessare poco che Totti sia recuperato, che Ranieri sia di fronte a scelte delicate e comunque oggetto di discussione. Relative emozioni anche per l'arrivo, a giugno e a contratto scaduto, di Simplicio, brasiliano trentunenne, quando ci si incammina sulla strada del ringiovanimento la Roma non deflette. Però le ansie del tifoso erano rivolte soprattutto alle designazioni arbitrali, un sospiro di sollievo quando è stato annunciato Tagliavento. Se non altro per ragioni scaramantiche, visto che ai colori giallorossi ha sempre portato fortuna, senza indulgere a quei regali che nella sfida tra le due grandi rivali degli Anni Ottanta erano puntualmente elargiti, ma rigorosamente a senso unico. Personalmente, ho perso qualsiasi frenesia nei confronti delle decisioni del designatore: non perché nel «dopocalciopoli» gli arbitri si siano resi esenti da errori, anche palesi, ma perché sono convinto che nessuno di loro vada in campo prevenuto, in un senso o nell'altro. Certo, qualche residuo della vecchia sudditanza affiora anche adesso, fa parte della natura umana e trova nello sport un'espressione perfino modesta a confronto di quanto accade nella nostra vita quotidiana. Tanto è vero che la Roma è in credito di qualcosa quando affronta le prime della classe, ma forse è in debito quando le possibili contestazioni appartengono a squadre di rango inferiore, secondo valutazioni non inficiate dalle propensioni del tifo. Per troppi anni le apprensioni sono state all'ordine del giorno, quando per una sfida con la Juventus si attendeva di conoscere il nome di un giudice raramente imparziale. Difficile dimenticare le angosce dettate dal nome di Racalbuto, ben prima che si scendesse in campo, con puntuale conferma all'atto pratico. E parliamo anche di Messina, molto quotato in campo internazionale, quando però non era chiamato a decidere tra Gautieri e Deschamps. Ma naturalmente in cima agli affetuosi pensieri del popolo romanista rimane quel Giuliano Sancini che alzò la bandierina mentre Turone infilava la porta bianconera, determinando anche, ve lo posso assicurare, una feroce arrabbiatura di Paolo Bergamo, costretto a un fischio pochissimo gradito. Sancini adesso vorrebbe scommettere cene per tutti, convinto della regolarità della sua decisione, gli auguro di vincere al Superenalotto, per non dover lavare, a vita, i piatti del ristorante. Prima delle partite, insomma, il tifoso romanista poteva sorridere quando la direzione era affidata a Pierluigi Collina: cioè quasi mai, visto che la Juve era riuscita, attraverso una cupola che avrebbe fatto arrossire Totò Riina, a tenerlo lontano dai propri impegni per circa un anno. Poteva anche sbagliare, quello che per molti anni è stato riconosciuto come il miglior arbitro del mondo, ma almeno avevi la sicurezza che la buonafede fosse salva. Non era poco, per tenere viva la speranza di un confronto alla pari.