Buon viaggio all'Italia tra auguri e polemiche

Ventitrè giorni esatti all'accensione del braciere olimpico di Vancouver che darà il via ufficiale ai XXI Giochi Olimpici invernali. Ma a Roma i fuochi, anzi le scintille, sono già partite (e da tempo) tra il numero uno dello sport Gianni Petrucci e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega allo sport Rocco Crimi. Anche ieri al Quirinale, nel giorno degli «in bocca al lupo» in vista dell'avventura canadese, con consegna di bandiera al seguito, è andato in scena, e pubblicamente, l'ennesimo round: con conseguente faccia a faccia chiarificatore (?). Nel Salone delle Feste si è svolta la cerimonia ufficiale con il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che ha consegnato il tricolore nelle mani dei portabandiera Giorgio Di Centa e Gianmaria Dal Maistro (ipovedente rappresentante degli atleti paralimpici). Con lui, oltre a Petrucci e Crimi, il presidente dello sport paralimpico Pancalli e il segretario del Coni Pagnozzi. «I vostri successi sono un motivo di fiducia per tutto il Paese - ha esordito Napolitano - lo sport è una componente dello sforzo colletivo della nazione, tenete alto il morale di tutta l'Italia. Possiamo dire che lo sport italiano nella sua dimensione agonistica sta andando molto forte, dobbiamo fare in modo che cresca ancora di più lo sport come educazione di massa, come pratica diffusa e costume sociale, per i valori che rappresenta. Se intensifichiamo gli incontri al Quirinale è perchè i vostri successi danno fiducia e contribuiscono a tenere alto il morale del paese». Augurio condiviso e rafforzato dal ministro degli esteri Frattini che nel primo pomeriggio ha ricevuto a sua volta la delegazione azzurra a Palazzo Madama. «Dopo il saluto del Capo dello Stato - ha detto Frattini - che vi ha consegnato la bandiera, oggi non abbiamo molto da aggiungere se non dire che il Governo italiano tutto fa il tifo per voi. Avete un'eredità un pò pesante perchè a Torino furono 11 le medaglie, spero che possiate eguagliare e superare questo numeto. Quello che potremo fare con un sostegno lo faremo, tutta l'Italia sarà accanto a voi». Ma al buonismo di circostanza, che avrebbe dovuto condire la giornata degli azzurri in vista del difficilissimo impegno in Canada, ha fatto da contraltare la bordata rifilata a freddo da Crimi. Terreno della diatriba già innescata in passato ai tempi dell'ultima rielezione di Petrucci, l'annosa questione sul finanziamento automatico allo sport. La frase letta in pubblico da Crimi non ha lasciato dubbi sull'atteggiamento del sottosegretario, uscito fuori pista a spazzaneve (tanto per restare in tema): «Il governo vuole continuare a valorizzare e supportare lo sport italiano e pensa a forme di finanziamento automatiche, ma stabilendo regole certe e chiare di trasparenza sull'utilizzo di denaro pubblico». Petrucci ha cambiato faccia e risposto altrettanto duramente alle accuse del rappresentante del Governo definendo la sua uscita «pleonastica». «La trasparenza c'è sempre stata - la replica del numero uno dello sport italiano - non credo che questa sia una stoccata, quanto piuttosto una frase inopportuna e anche banale. Noi ci auguriamo il finanziamento certo, pur sapendo che il Paese ha altre urgenze, per non dover trattare ogni volta la questione in Finanziaria, compromettendo la preparazione degli atleti. Noi siamo grati al governo, non chiediamo niente di più. Quanto alla necessità di trasparenza, perdonate è un'ovvietà». E allo scambio di vedute «ufficiale», con Napolitano che da buon padrone di casa ha fatto finta di non sentire e si è limitato ad offrire agli atleti il giusto augurio, è seguito un faccia a faccia piuttosto duro. Petrucci ha cercato Crimi durante l'aperitivo post-consegna e i due si sono appartati (neanche tanto) in un angolo del Salone dove hanno parlato a lungo molto animosamente. Quindici minuti fitti fitti, conditi da gesti inequivocabili, al termine dei quali le due parti sono sembrate lontane anni luce dall'aver trovato un punto d'incontro: nonostante le «pose» di routine improvvisate più tardi davanti alle tv. Alla faccia della festa degli azzurri e dello spirito nazionale in vista di una Olimpiade. E la «guerra» non sembra affatto terminata.