Zarate sotto attacco
Ma che avrà mai fatto Zarate? La domanda sorge spontanea perché Maurito, 23 anni da compiere a marzo, ha commesso un'ingenuità, è arrivato in ritardo dalle vacanze natalizie, circa 48 ore dopo essere partito tre giorni prima ma soltanto per squalifica visto che il 20 dicembre non avrebbe potuto giocare la sfida contro l'Inter. Tutto qui. Quindi, non si vede la necessità di sottoporre il talento migliore della Lazio a una tale gogna mediatica a meno che non si siano verificati episodi incredibili finora rimasti segreti. Non bastassero gli oltre venti milioni di euro spesi in estate a giustificare una maggiore cautela, è necessario ricordare la posizione in classifica della squadra oltre alla mesta uscita di scena dal palcoscenico europeo. Per carità, gli stenti di questa stagione dipendono anche dalla mancata esplosione di Maurito, da quei due soli golletti segnati quando allo stadio si andava ancora in manica di camicia (l'ultimo a fine settembre contro il Palermo, l'altro su rigore al Parma), però sembra esagerato l'atteggiamento di Ballardini che ha infierito sugli stenti del suo attaccante migliore fino a intristirlo. Il tecnico fa bene a redarguire il suo gioiello, ma avrebbe potuto compiere il suo dovere di «buon padre» senza parlare davanti alle telecamere. Per non parlare poi degli aspetti tattici della vicenda per capire l'involuzione di Maurito. Aver sentito dopo Lazio-Cagliari Ballardini sottolineare candidamente «gli avevo detto di marcare il regista avversario (Daniele Conti, ndr)» ha confermato che l'anarchia che da sempre fa parte delle giocate di Maurito non piace proprio al tecnico biancoceleste inquadrato nel suo modo di fare calcio che peraltro qui a Roma si è visto poco. Per tutte queste ragioni continuare ad insistere sembra deleterio per tutti. Ieri, dopo che anche Lotito aveva derogato al suo silenzio stampa per schierarsi a fianco dell'allenatore, è toccato a Baronio, alla riunione della Figc, nella veste di capitano laziale, ribadire il punto. Con toni pacati ma sempre sulla stessa linea del suo datore di lavoro e del suo allenatore: «Se il mister ha detto quelle cose è perchè le pensa e ha visto qualcosa che non andava. Il fatto che ci siano delle regole che vanno rispettate questo ci sta, ci sono in tutte le squadre. Mauro non aveva chiesto il permesso e ha infranto una regola dell'allenatore, della società e della squadra». E vabbè, facciamoci del male. Anche perché tutti devono comprendere un piccolo ma decisivo particolare: uno dei pochi motivi che spinge 30.000 persone ad andare all'Olimpico a vedere la Lazio è la presenza di Mauro Zarate, quello che ha riportato il sorriso nella tifoseria biancoceleste in un periodo triste e mediocre.