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Razzismo: il mondo del calcio si ribella a Maroni

Maroni

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Uno stop chiaro, che sia a passi felpati o con parole nette.Non è esattamente quel che chiedeva il ministro dell'interno Roberto Maroni, ma il calcio pronuncia un no netto alla richiesta di dare all'arbitro il potere di fermare le partite in caso di cori razzisti. «Le norme ora dicono che spetta al responsabile dell'ordine pubblico: se cambieranno, noi arbitri non potremo che adeguarci - dice il designatore Pierluigi Collina - Una cosa va precisata: non è vero che l'Uefa dà questa facoltà al direttore di gara, a livello europeo decide una mini unità di crisi». Gli arbitri sono uomini di regole, ma che non si fermino a un'obbedienza silenziosa lo ha chiarito il presidente dell'Aia Marcello Nicchi, con un affondo politico: «Attenti a non caricare gli arbitri di eccessive responsabilità: secondo noi la persona più adatta a decidere è il responsabile dell'ordine pubblico a bordo campo». Certo, chi come Fabio Liverani ha vissuto sulla sua pelle gli insulti va giù diritto: «Non importa chi decide, sia anche l'arbitro: basta un po' di coraggio».  E in fondo è l'altra faccia dell'opinione di Francesco Totti: «Decida chi deve decidere, tanto in Italia non la fermeranno mai la partita...». D'altra parte la formula evocata da Collina, quella europea di un'unità di crisi, oggi è ipotesi plausibile ma non aperta: nessun contatto è stato avviato al momento, dopo le frasi pronunciate ieri da Maroni, tra Viminale e Federcalcio.

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