Orecchie, ciucci e spogliarelli Lo shox torna in campo
La colpa è di Tardelli. Con il sedimento del tempo nella scatola della memoria, magari cominciamo a dimenticare chi gli passò la palla nell’82. Ma dagli occhi di chi vide non si cancella l'immagine di un tarantolato, come di chi abbia messo le dita nella presa di corrente dell'acceleratore di particelle o sia nel climax di un'orgia con tutto il corpo di ballo del Crazy Horse. Dopo quella notte mundial, l'esultanza è diventata uno spettacolo a parte, un dopo-gol più arrapante del gol stesso, un bonus del biglietto, una perfomance tra il mistico e il vaudeville. Quando è capitato a Fabio Grosso, dopo quel compasso killer di nuovo ai tedeschi, si è pensato che tutte le ossa, le cartilagini e le terminazioni nervose gli si staccassero le une dalle altre, e che il terzino azzurro, scosso come un misirizzi impazzito, finisse la partita direttamente in scatola di montaggio: 50 pezzi da ricolorare più il Bostik in omaggio. Gli analisti della psiche e del corpo sociale si immalinconiscono a ripetere che la gioia dopo una rete è una liturgia laica e condivisa, un orgasmo barbarico, un rito liberatorio quanto ecumenico. Ma c'è di più, ormai: quel gesto del calciatore trionfante è diventata una "griffe", una firma esclusiva, roba da merchandising, protetta magari da copyright. Chi si balocca con la playstation lo sa: anche i giocatori virtuali riproducono quella mimica personale, inconfondibile. Vietato taroccare l'idea del rivale: ne sa qualcosa Gilardino, che aveva preso in prestito il movimento dell'airone da Caracciolo, finché l'altro non gli chiese più originalità, e Alberto si trasformò in un violinista. Il problema è che alcune gag andrebbero vietate ai minori, vuoi perché pericolose o perché semplicemente oscene. Vedi ragazzini al campetto sterrato che rischiano il doppio salto mortale in aria come Oba Oba Martins o Fernando Couto e temi si spacchino la zucca, come accadde davvero a due astutissimi titolari della nazionale egiziana: amichevole con l'Oman, zompettano in quota per il tripudio e finiscono fronte contro fronte. Rumore terrificante e sei punti di sutura per Amr Zakri. Il bello è che né lui né il suo tamponatore avevano segnato: il bomber era un terzo compagno, per l'occasione rimasto in mezzo, a mò di catapulta umana. A proposito, avremmo dovuto intuire quanto fosse bislacco Zidane molto prima dell'impatto con Matrix: una domenica si frantumò contro i tabelloni nel tentativo di correre verso i drughi bianconeri. Milioni di danni e fiancata da riverniciare. E che dire di quella volta che Cristiano Lucarelli, visibilmente eccitato dal tiro finito in fondo al sacco, invece di togliersi la maglia e baciarla castamente, optò per l'amore hard-core e dopo averla stesa sull'erba ci simulò l'amplesso? O di quando lo "Spice Boy" del Liverpool Robbie Fowler per schernire i tifosi avversari dopo un rigore si sdraiò sulla linea bianca e finse di sniffarsela tutta come una maxistriscia di coca? Roba da codice etico, se non penale: e arrivarono puntuali sei turni di squalifica. Ora a Roma, sponda giallorossa, è arrivato Luca Toni: e la sua è un'astuzia da rockstar, quello svitarsi l'orecchio come a dire al pubblico: "non vi sento", variabile del "siete caldi?" di Madonna, ma versione evoluta delle mani sui padiglioni di Supermarco Delvecchio, che era una sfida all'ingratitudine dei tifosi dopo qualche tiro ciccato, ma anche una posa da tribuno audioleso diventato console onorario. Il re vero, il Re Leone, era invece Batistuta, quello che a Firenze si era guadagnato una statua di cartapesta mentre poggiava fiero al vessillo del corner, prima ancora di optare per la "mitraglia" e dopo aver urlato "Irina te amo" alle telecamere, per fortuna senza sbagliar nome. La famiglia, le dediche. Spesso il bacio è verso il cielo, come quello di Materazzi in lacrime a Berlino mentre invocava la mamma dopo il pari; per Taddei il batticuore è un omaggio al fratello scomparso, ma ricorda anche la (precaria) fedeltà alla squadra. Altre volte l'omaggio è da spedire tra culla, girello e talamo nuziale, con foto del lattante stampata sulla canotta. Dopo le magliette purgative e il "6 unica", Totti si è stabilizzato sul pollice da succhiare (un vizio della moglie), con la rara variante della palla in pancia quando Ilary era in attesa. E l'aeroplanino? Montella decollava sul serio, allora, prima che la ruggine gli usurasse le ali. Cassano spaccava bandierine con un colpo di punta, un gesto da mariuolo, ma di talento. E i laziali? Beh, gli archivisti campano di rendita con i derby d'antan: quelle dita di Chinaglia o Di Canio verso la Sud, che qualcuno sogna tuttora di mozzare, ma sempre con cordialità. Però non era male neanche il mezzo strip cieco di Ravanelli, una trovata alla Dalì, mutuata dalle stagioni d'oro nella Juve, o le sbornie di Gascoigne: simulate in campo, ma dopo no. O Salas matador sudamericano. E il trenino di Protti più compagni, che partito dalla "stazione" di Bari incendiò di smisurata passione anche la Nord. Curioso che quel convoglio umano a quattro zampe non fosse sospetto di una qualche ambiguità erotica. Nessuna autorità pensò di proibirlo: come accadde invece a quelli del Piacenza, rei di ballare un'irridente "macarena". Misteri gaudiosi del calcio. Magari, presto, a festeggiare manderanno in area direttamente le Veline.