"Basta tormentoni voglio una squadra"
«I tormentoni Cassano e Balotelli? Magari fossero solo questi due, sarebbe una favola». E già perché poi ci sono quelli «che riguardano Nesta, Totti, Del Piero, ma è giusto così, è giusto che la gente sponsorizzi il proprio idolo, poi ci sono io che voglio raggiungere i miei obiettivi costruendo la mia squadra». Marcello Lippi i tormentoni li capisce, li accetta, ma va dritto per la sua strada, seguendo le sue idee, le stesse che ormai tre anni e mezzo fa portarono l'Italia sul tetto del mondo. Fra sei mesi sarà ancora Mondiale, gli azzurri si presenteranno da campioni in carica e Lippi cercherà di fare il bis pensando alla «squadra» e non al singolo giocatore. È questo che il ct spiega negli studi di «Domenica In - L'Arena». Una lunga chiacchierata nella quale ha parlato di tutto: dell'adolescenza vissuta a Viareggio, del padre, della moglie e del suo rapporto con la sua famiglia, dei suoi inizi da calciatore nella Sampdoria per arrivare alla carriera da allenatore di successo che lo ha portato ala conquista della coppa del mondo nella famosa finale a Berlino contro la Francia. C'è spazio anche per la Nazionale, per i «tormentoni» e anche per chiarire che Lippi non ha «rapporti complicati con nessun giocatore». Le sue convocazioni e le sue esclusioni sono figlie esclusivamente delle sue idee, della sua voglia di costruire un gruppo che pensi e lavori come una squadra vera. «Il grande campione - spiega Lippi - si deve rendere conto che l'unica maniera che ha di esprimere le sue qualità è quella di metterle a disposizione dei compagni per diventare, con loro, una squadra». Uno dei tormentoni più ricorrenti riguarda il posibile ritorno in azzurro di Francesco Totti, Lippi non si sbilancia, ma torna indietro di quattro anni, al febbraio del 2006 quando in Roma-Empoli il capitano giallorosso riportò un gravissimo infortunio che sembrava chiudergli le porte del Mondiale. «Mi piacque moltissimo l'atteggiamento di Francesco - ricorda Lippi -. Totti che si fa male all'Olimpico e che rischia il Mondiale è quasi un dramma nazionale, per molti poteva diventare facile condannare il difensore dell'Empoli (Vanigli, ndr), ma lui invitò tutti alla calma, disse che il giocatore non aveva nessuno colpa. Lo andai a trovare il giorno dopo l'infortunio, gli dissi di stare tranquillo e che avrebbe recuperato per il Mondiale. Lo portai in Germania, non era al cento per cento ma sapevo che godeva della grandissima fiducia dei compagni che apprezzavano la sua presenza anche se non era al top della condizione».