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È tempo di bilanci.

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Nellosport è l'occasione buona per molte discipline ed i loro protagonisti di prendersi la rivincita sul calcio che, almeno in Italia, prevale su tutto. Messi può vincere il campionato, la Champions, il Pallone d'Oro, ma l'atleta dell'anno è Usain Bolt che continua a volare sullo slancio di un'Olimpiade straordinaria anche perché nel suo sport ci sono i numeri, e quelli sono difficili da battere. Le classifiche di fine anno sono anche l'affermazione degli sport individuali su quelli di squadra, dove i valori si confondono e sono più difficili da definire anche se c'è l'insopprimibile tendenza a personalizzare ogni affermazione di gruppo. Dal Santos di Pelè all'Olanda di Crujiff, dalla Juventus di Platini all'Inter di Herrera, dalla Roma di Falcao a quella di Totti, e così via. L'anno che ci lasciamo alle spalle non ha avuto, come quello precedente, le Olimpiadi, che sono l'occasione migliore per mettere a confronto emozioni ed imprese di diverso genere anche perché tutto si svolge in un'unica sede e nello spazio temporale di due settimane o poco più. Ha vissuto un anno mediocre la Formula Uno, troppo legata, almeno da noi, alle fortune della Ferrari, è quasi crollato l'interesse per il ciclismo, più per la mancanza di un grande protagonista che per l'eterno ed imbattibile problema del doping, continua a soffrire, per colpe proprie ma anche per il diminuito numero delle vocazioni, la boxe. Il basket ha concesso troppo agli stranieri e paga questa colpa, alla quale non è estraneo il Coni, con i mediocri risultati della nostra squadra nazionale e con la povertà di un campionato già deciso prima di cominciare. Tennis e pallavolo si salvano con le donne che coprono i disastri del settore maschile anche se continuo a credere che sarebbe meglio avere una giocatrice in semifinale in un torneo del Grande Slam piuttosto che vincere la Fed Cup, snobbata dalle nostre avversarie. Il rugby è riuscito a produrre, attraverso una buona azione di marleting, il miracolo di un San Siro quasi pieno, ma sono curioso di vedere che cosa rimarrà di tutto questo in termini di crescita del movimento, di spettatori nelle partite del nostro campionato e di italianizzazione della nostra squadra nazionale. Il calcio, in attesa del mondiale sud-africano, vive la precarietà di un campionato che ha rischiato di finire prima di Natale. A proposito di bilanci molti non hanno saputo resistere all'uso improprio della statistica inventandosi classifiche che, facendo riferimento all'anno solare piuttosto che alle stagioni agonistiche, perdono ogni credibilità tecnica e confondono le idee più di quanto non facciano i cosiddetti mercati di riparazione. Quello che è ancora in pieno svolgimento ha avuto almeno il merito di riempire il vuoto determinato dalla folle ed ingiustificabile sosta imposta al nostro campionato da dirigenti (Federazione e Lega) assolutamente inadeguati.

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