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Aumentano tesserati e società della Fci

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.È il paradosso del ciclismo italiano. Che resiste a scandali, a miti che finiscono nella spazzatura e ad anni avari di vittorie come il 2009. Nonostante tutto il ciclismo c'è. Ai bordi delle strede attraversate dai grandi giri continuano ad assieparsi centinaia di migliaia di persone e i tesserati della Federazione Ciclistica Italiana - atleti, tecnici e dirigenti - nel 2009 sono stati 114.079. Nell'annus horribilis 2004 erano 91.239. Una crescita che, per una volta, ha soprattutto il volto pulito degli juniores, come quelli premiati ieri nel salone d'onore del Coni, protagonisti di un'annata agonistica straordinaria che ha portato decine di medaglie tra Giochi del Mediterraneo, Europei e Campionati Mondiali. Il decano del ciclismo italiano, Alfredo Martini, dopo averne premiati cinque ha scherzato: «Sommando le loro età ancora non mi raggiungono». È vero, hanno tutti tra i sedici e i 18 anni, e vengono i brividi a pensare che a questi ragazzi ancora non diventati uomini qualche allenatore senza scrupoli proponga la facile strada del doping. Il doping. Quello che nel 2009 ha fatto crollare i miti di Di Luca e Rebellin, in un panorama ciclistico italiano che all'improvviso si è trovato orfano di campioni. «Paghiamo il ritiro di Bettini», ha detto il responsabile della Nazionale Ballerini dovendo giustificare un 2009 in cui i suoi uomini non hanno vinto nessuna classica e hanno fatto brutta figura al Mondiale di Mendrisio. È vero, manca un Bettini per le corse di un giorno e manca anche qualcuno che possa vincere le corse a tappe, visto che Basso non è ancora tornato quello di prima e Cunego non matura mai. Ci vorrebbe un nuovo Pantani. Altrimenti tutto l'entusiasmo che il ciclismo ancora suscita rischia di infrangersi contro la mancanza di punti di riferimento.

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