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Una intolleranza che intossica anche il nostro calcio

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Nelgiorno in cui i giornali politici hanno dedicato la prima pagina al folle attentato a Berlusconi, anche il cronista sportivo si interroga sul seme dell'intolleranza e dell'ira che avvelena soprattutto le specialità a cui sono legati grossi guadagni e grossi interessi. Gli esempi più recenti chiamano in causa Lavezzi per lo scontro con l'allenatore del Cagliari e il solito Mourinho per la piazzata contro un collega del "Corriere dello Sport" del tutto innocente per il pareggio inflitto all'Inter da una delle ultime classificate. Per respirare un pò di aria ossigenata, nel giorno in cui si apprende la prima sentenza su Calciopoli, conviene pensare a Federica Pellegrini, alla sua ennesima vittoria(questa volta sui 200 stile libero) e alla commovente dedica al suo maestro da poco scomparso, Alberto Castagnetti. Ma torniamo al campionato che domenica chiuderà il capitolo del 2009. Più ci inoltriamo nella storia di questa stagione e più ci rendiamo conto che un pò per la tensione degli animi, un pò e forse soprattutto per la mancanza di una forte organizzazione dei club, il loro rendimento è molto discontinuo proprio quando sono più alte le loro ambizioni: Inter, Milan, Juventus ogni tanto zoppicano; la Fiorentina, dopo aver vinto alla grande il proprio girone eliminatorio della Champions, è sprofondata al centro del gruppone in campionato; quanto alle altre: ce ne sono nove nel giro di due punti, da quota 25 a quota 23, ma staccati di oltre 10 lunghezze dall'Inter. Tutto sommato è il Parma, con i suoi 28 punti a inseguire il terzetto di testa, con buone possibilità di agganciare almeno la Juventus. Il caso della Vecchia Signora è patetico anche se la terza posizione in classifica farebbe gola a parecchie squadre. Le beghe ereditarie nella famiglia Agnelli non hanno investito direttamente la Juventus, ma le ripercussioni della morte di Gianni e Umberto si fanno sentire nella mancanza di una guida, nella rottura di una tradizione, che ancora sopravviveva in qualche modo con la presidenza di Cobolli Gigli ma che ora pare definitivamente tramontata, tanto che si parla di un ritorno di Bettega per trovare un vago punto di riferimento con il passato. La condanna a tre anni di reclusione per il vecchio direttore sportivo Giraudo, che almeno nell'immediato vieta ogni nostalgia per gli scudetti di Calciopoli, aggiunge un'altra amarezza. Ma rispetto a tutte le altre formazioni di club, la Juve gode di un vantaggio inestimabile: l'accordo con il Comune di Torino e gli altri enti per la costruzione del nuovo stadio secondo il modello inglese. E almeno su questo punto, la società bianconera e la città hanno dimostrato la loro modernità, gettando le basi, per così dire, di una tradizione diversa, ma altrettanto valida di quella irrimediabile tramontata soprattutto con Gianni Agnelli. Tutte o quasi tutte le altre società sono ancora lontane da un progetto così avanzato per uno stadio "merchandising". Per la Juve di oggi, invece, come del resto per il Milan, i due inseguitori al rallentatore della capolista, lo svantaggio sta essenzialmente nella scarsità degli effettivi a disposizione: gli acquisti sbagliati per la società bianconera, i giocatori troppo anziani per quella rossonera. Vedremo che succederà tra pochi giorni, alla riapertura del mercato.

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