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Notte maledetta dove i «miracoli» sono un ricordo

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Applausicontro maglie sudate, come a dire: abbiamo fatto il massimo. E questo è il problema: la Lazio, sfortune e miracoli portieristici a parte, nella notte maledetta, umida e sfortunata del derby ha fatto il massimo. Discutano gli esperti quanto si vuole del modulo troppo rinunciatario scelto da Ballardini, che più che colpevole pare una comparsa, il comprimario di scelte decise, volute, imposte e fatte ingoiare ad allenatore, squadra e tifoseria da Claudio Lotito. La Lazio, nei mesi scorsi, è riuscita in un duplice miracolo: con un organico appena sufficiente, ingentilito solo da due-tre campioncini e un paio di calciatori di razza, i nostri biancocelesti avevano portato a casa prima la Tim Cup e poi la Supercoppa nella caldaia di Pechino. È stato un miracolo, appunto, solo che qualcuno, sarà stata colpa dell'atmosfera cinese, ha preso lucciole per lanterne, illudendosi che, dopo la classica partita a catenaccio e contropiede con cui una squadra debole affronta una corazzata, quella compagine fosse all'altezza di un campionato al vertice e di un'Europa League da protagonisti. E così, ancora divisi, abbiamo assistito prima a una gigantesca prova di fedeltà tributata a squadra e Presidenza, i 27000 abbonati che mettono la Lazio dietro solo l'Inter quanto a numeri dei fedelissimi, e poi a un'altrettanto gigantesca prova di supponenza tributata dalla Presidenza a un intero ambiente: la duplice vertenza innescata da Lotito contro Pandev e Ledesma, due giocatori di gran livello di cui la Lazio si priva da mesi come se fosse, appunto, l'Inter dove le riserve delle riserve sarebbero ovunque titolari fissi. E dunque, dopo i due trofei, miracolo che si spiega anche con un'evidente dose di fortuna, Claudio Lotito ne ha realizzato un altro: ricompattare tutta la tifoseria, compresi i seggiolini dell'Olimpico, contro di lui. In tribuna Tevere, ogni volta che la Nord produceva cori contro il presidente, si sono sempre levati fischi e ululati di disapprovazione, adesso la Tevere fischia più forte, e quando non lo fa è per pura rassegnazione, la stessa rassegnazione rabbiosa e disilludente che accompagnava i volti dei laziali all'uscita del derby, con lo spettro della retrocessione che s'affaccia alla vigilia di tre partite micidiali. Egregio Presidente, faccia qualcosa. Non cerchi alibi ai suoi errori. Parli, se può, con giocatori la cui reintegrazione potrebbe ridare qualità alla Lazio, compri quelli che mancano non per fare il salto di qualità ma per evitare il salto nel burrone. Parli ai tifosi e spieghi perché il suo progetto è fallito. Cambi l'allenatore. Ridoni fiducia a un popolo che non chiede più miracoli, ma non vuole frottole.

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