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Un derby operaio come quei pareggi degli Anni '90

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MarcoCassetti, entrato per Mexes, si prende una stracittadina che racconterà ai nipotini. Non per quanto bello fosse, ma per quanto importante è stato per lui e per la Roma, che vince giocando male. Ma vince. Che è l'imperativo di una partita come questa. La festa resa vagamente tribolata dalla finale espulsione di Pizarro, è tutta giallorossa. Vince, pensando all'Europa, mentre la Lazio vede la classifica come un nemico angosciante. Vabbè, ma che brutto primo tempo. Come se l'interruzione per le bombe carta (oh, ma che figura, sempre all'Olimpico e sempre in posticipo) avesse «freddato» lo spirito del derby. Tutti fermi, il pressing su De Rossi e Pizarro toglie logica alla manovra, Vucinic è distratto, Menez nervoso. Insomma, la Roma del tridente, in realtà è una squadra monca, spezzata a metà. Il centrocampo fitto della Lazio funziona meglio e così le azioni per nulla trascinanti dei biancocelesti mettono la squadra di Ranieri all'angolo. Certo, azioni da gol - a parte un tiraccio di Matuzalem con finta di Mexes - non ci sono. Il derby è così: un fascio di nervi che non trova sfogo all'energia. Ma la testa della Roma è chiaramente altrove. Quasi avesse bisogno, come spesso è accaduto quest'anno, della sberla che la svegli. Ricordate? Con l'Atalanta, poi con il Basilea. Ma anche col Napoli e col Siena, tanto per fare degli esempi. Solo che questo è il derby, una cosa che chi sta fuori dal Raccordo Anulare proprio non riesce ad afferrare in pieno. Ed allora, la situazione resta così blanda, quasi noiosa. Se non fosse che ad ogni azione può accadere qualcosa e se qualcosa accade nel derby non è mai una cosa marginale. Ma insomma, il pensiero corre al passato, a quegli insulsi pareggi degli anni '90, al derby senza gioco e con tanto nervosismo che troppe volte ha dominato. E comunque, al netto delle considerazioni, il pressing alto della Lazio ha più gioco su una Roma troppo ferma. E per fortuna che quel diavoletto di Zarate sia sempre tanto - troppo - innamorato del pallone, perché se quel contropiede del primo tempo avesse avuto uno «scarico» a destra o a sinistra, sarebbe stata dura reggere la forza d'impatto di questa Lazio tutta chiusa, ma disposta a giocarsela. E il secondo tempo è come il primo. Anzi, peggio. La Roma lì, timida, quasi contratta, la Lazio che ci prova e ci va tanto vicina. Palo di Zarate e quel guizzo di Julio Sergio su Mauri che vale tantissimo. Verrebbe da chiedersi cosa vedeva Spalletti, quando sceglieva Artur come vice Doni. Vabbè, un'altra storia. Quella di questo derby, invece, resta la stessa: lenti e prevedibili, i giallorossi non pungono, non sovrappongono, non scelgono mai la soluzione brillante. Ma no, ecco Perrotta e Muslera c'è, anche se quella di Julio Sergio resta la parata della partita. Ed eccolo il fulmine, la storia della partita: Marco Cassetti servito da Vucinic che con un destro sporco fa centro sotto la Sud. È il derby operaio che va in paradiso.

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