Lottomatica ai raggi x
FabrizioFabbri La stanchezza, il complotto arbitrale, la contestazione. Sono tre dei tanti alibi tirati su come i bussolotti della tombola da maggio scorso a oggi per provare a giustificare i passaggi a vuoto della Virtus Roma. Mancano solo le cavallette di «belushiana» memoria e il campionario sarebbe abbondantemente colmo. Mai nel recente passato, raramente in quello più lontano, si è sentita pronunciare da alcuno un'ammissione di colpa per qualcosa che non è andato. Lo scaricabarile è sport ben praticato in casa della contestata Lottomatica e anche di fronte all'evidente e palese crisi del momento invece di prendere il toro per le corna e affrontare decisamente il problema, anche con decisioni drastiche, si è preferito addossare ad altri, questa volta gli esasperati contestatori, i motivi di un nuovo capitombolo annunciato. Già perché chi all'indomani del successo ateniese contro il Maroussi parlava di preoccupante involuzione era stato tacciato di disfattismo. I fatti hanno dimostrato che quel segnale s'è rivelato presto rintocco di campana e oggi diventa difficilissimo provare a rimettere assieme cocci di un ennesimo progetto mai decollato. Roma frequenta la bassa classifica e per agganciare un posto utile per la Final Eight di Coppa Italia dovrà compiere un miracolo. È vero, rimane l'Europa dove un solo successo da qui alla fine della prima fase potrebbe regalare l'accesso alla Top 16 ma questo non basta a giustificare la pochezza tecnica verso cui la squadra sta lentamente scivolando. Gentile ha le sue colpe. Dopo la partenza a razzo post-Repesa, nove vittorie di fila che rimangono un record, i limiti di un coach ancora acerbo sono emersi prepotenti. Il playoff, con l'eliminazione per mano di Biella, ha certificato come avesse avuto ragione Nando nel titubare per prendere le redini ritenendo a ragione di dover ancora studiare per diventare allenatore di una squadra ambiziosa come Roma. Neppure la dolorosa eliminazione da parte dei piemontesi convinse Toti a puntare su un nuovo coach. Così Gentile, assieme al nuovo gm Bottai, s'è messo al lavoro per la costruzione della squadra. L'obiettivo dichiarato sul mercato fu Poeta, playmaker puro, con l'indiretta ammissione di come Jaaber fosse considerato una guardia e non un regista. Mancato l'ingaggio del giocatore di Teramo le idee iniziali sono state sovvertite con l'arrivo di due ali piccole come Minard e Winston e il ritorno di Jaaber nel ruolo di play senza riempire la casella ancora scoperta della point-guard capace di aprire le difese avversarie. L'arrivo di Vitali in extremis più che una scelta mirata è sembrata la soluzione in calcio d'angolo regalata dal mercato ma almeno «Vito» ha riempito quel vuoto che il mancato ingaggio di Poeta e l'utilizzo col contagocce di Giachetti aveva lasciato scoperta. Ma i problemi ci sono, ed evidenti, anche accanto al canestro, nonostante le ottime prove di Crosariol. L'ingaggio di Toure si è rivelato inutile ma quello che oggi Roma sconta è l'indolente andamento di Andre Hutson. Il lungo americano, rivelazione della scorsa stagione, è stato il pezzo pregiato del mercato estivo. La sua conferma è stata a ragione salutata da tutta la critica come un colpo eccellente ma il suo rendimento in questa prima fase è spesso al limite dell'insufficienza con un atteggiamento in campo apatico e irritante, quasi che la firma su un biennale l'avesse spento, tanto da arrivare a un duro confronto con Gentile. Lo scorso anno, in una situazione simile, saltarono Repesa e Allan Ray. Oggi Toti, almeno per ora, decide per la fiducia. Scelta difficile e rischiosa che presto però potrà essere giudicata.