Lazio all'Olimpico triste e spuntata
Triste, spuntata e depressa la Lazio non sfonda il muro del Bologna e conferma limiti strutturali pericolosi. La sfida salvezza finisce 0-0 tra i fischi, giusti, dei trentamila che hanno popolato l'Olimpico. Nessun segno di vita e soprattutto nemmeno uno straccio di vittoria da tre mesi. L'ultimo successo è un ricordo sbiadito da sette pareggi e cinque sconfitte nelle ultime dodici gare. Quel giorno, il 30 agosto, si andava allo stadio con le ciabatte e le maniche corte adesso si va con i giubbotti e in città si annusa già l'aria di Natale. È incredibile l'involuzione della Lazio dopo il fuorviante avvio, una squadra in crisi guidata da un allenatore, Davide Ballardini che non riesce a trasmettere ai suoi giocatori nulla. Si tira pochissimo in porta, si costruisce ancora meno, si continua ad aspettare, inutilmente il risveglio di un gruppo mal assortito e senza identità. Ieri è scattata la contestazione nei confronti di un tecnico aziendalista fino al suicidio che sta portando la Lazio verso la retrocessione. Ma Lotito e Tare non se ne sono accorti e temporeggiano sperando nella resurrezione magari domenica notte nella madre di tutte le partite, il derby. Ormai può essere solo una questione economica perché l'esonero di Ballardini sembra l'unica mossa possibile della società dopo che anche il ritiro non è servito a rianimare la squadra. Tant'è, non si cambia, come il Titanic la Lazio si sta inabissando ma c'è ancora qualcuno che suona i violini nonostante l'impatto fatale contro l'iceberg. Meglio tenere il punto con Ledesma che pure non risolverebbe i problemi, meglio continuare a sfinire i propri giocatori con vertenze noiose. Si urla in Lega Calcio per un arbitro, si va al collegio arbitrale per pagare, probabilmente, altre multe a Bonetto e Manfredini ma non si fa la cosa più ovvia: allontanare un allenatore bravo ma che si sta mostrando inadatto per la piazza biancoceleste. Di fronte alle tensioni è andato in confusione e non è stato il famoso e atteso valore aggiunto se non nel momento di avallare scelte inspiegabili e deleterie. Ieri è bastato poco Bologna, una di quelle squadre che ti fa sperare si salvare la pelle perché è più scarsa della Lazio, per riuscire a fare un punto all'Olimpico. Onesta difesa, qualche contropiede e tutti dietro alla linea della palla a soffrire. Perché il Bologna conosceva il suo obiettivo, la banda di Ballardini si trova di fronte a una tragica realtà. Prima mezz'ora convincente, quasi illusoria. Zarate prova a colpire ma Viviano risponde, Matuzalem ha sul destro il pallone giusto ma non c'è nemmeno quel pizzico di fortuna per sbloccarsi. Poi il monumento a Marco Di Vaio, cuore laziale: riceve da Stendardo un pallone d'oro, lo calcia fuori pensando a tutte quelle domenica passate in curva Nord. Il resto del Bologna è poca cosa, un fuorigioco inesistente fischiato sempre a Di Vaio che poteva diventare un gol e un allungo nel finale di Osvaldo. Muslera ha finito senza voto in pagella ma la Lazio nella ripresa è stata pure peggio degli ospiti. Un tiraccio di Foggia prima della solita sostituzione dopo un'ora di gioco (ma perché sempre lui?), un sinistro di Kolarov fuori di poco su punizione e un colpo di testa di Lichtsteiner nel recupero. Ballardini ha provato prima il 3-4-2-1, poi nell'ultimo quarto d'ora è tornato al 4-3-1-2 con Meghni dietro alle punte. Senza successo, senza sussulti si è arrivati al triplice fischio di Bergonzi che ha dovuto anche sedare una mini rissa tra Osvaldo e Radu. Lo stadio ha fischiato tutti e ha invitato la squadra a ricordarsi che domenica c'è il derby. Serve l'orgoglio di tutti per evitare di farsi travolgere dai cugini. Servono punti per evitare di ritrovarsi tra qualche settimana in piena zona retrocessione. Prima c'è l'intermezzo in Europa League che assomiglia a un'amichevole ai Castelli. Anche la coppa è ormai quasi volata via in questi tre mesi da dimenticare in fretta.