Non cambiate il nome della serie B

Sesi voleva verificare il livello di preparazione specifica (calcistica e sportiva) ma anche più generale, dei presidenti delle nostre squadre di calcio basterebbe dare un'occhiata ai pareri espressi da alcuni di loro a proposito di un eventuale cambio di denominazione della serie B. La serie B è nata, come tale, all'inizio della stagione 1929-30, esattamente quando si è giocato il primo campionato di serie A a girone unico. Nella stagione precedente il campionato era diviso in due gironi di 18 squadre, le prime nove di ciascun girone hanno fatto parte del primo campionato di serie A. La serie B ha subito, negli anni, molti cambiamenti nella formula. Molte volte si è disputata su due o addirittura tre gironi, ma nella maggior parte dei casi si è svolta a girone unico con un numero variabile (da 18 a 24) di squadre. Il folle tetto delle 24 è stato raggiunto quando l'inefficienza della Lega, incapace di risolvere un banale problema di regolamento (un giocatore del Siena aveva giocato, forse irregolarmente, una partita del campionato primavera) aveva pensato di risolverlo cancellando le retrocessioni dalla serie B alla C. Una mostruosità, oltre alla conferma della povertà della classe dirigente del nostro sport più popolare. Improvvisamente il nostro calcio si è posto il problema della nomenclatura. Ha cominciato la serie C che dopo esserci divisa in due (serie C1 e C2, ma non si poteva chiamare la prima semplicemente serie C e la seconda serie D?) ha pensato che fosse più dignitoso chiamarsi Lega Pro. A che pro, viene da domandarsi se non quello di ingenerare confusione e di rendersi ridicola? Il campionario di idiozie raccolte dal sondaggio della Gazzetta tra i presidenti di alcune società dell'attuale serie B mi esenta da qualsiasi commento. L'uso del nostro alfabeto per indicare i vari gradi di difficoltà e di qualità del nostro calcio mi sembrava e mi sembra il modo più chiaro e più corretto per spiegare che in linea di principio una squadra di serie B fosse inferiore ad una di serie A e contemporaneamente superiore ad una di serie C. Semplice, no? Niente affatto. Una nomenclatura così elementare e comprensibile feriva l'orgoglio di chi aveva ambizioni superiori.