Da Kinshasa a Los Angeles...

Nel gennaio del 1986 mi trovavo a New York per seguire il Masters di tennis. Colsi l'occasione per andare a trovare, nel suo ufficio della 40ª, Bill Cayton, che era il maggior collezionista di filmati dei più importanti incontri di pugilato. Con Cayton avevo iniziato una proficua collaborazione per acquistare per Canale 5 il materiale che mi consentiva di programmare una rubrica di grande successo, «La Grande Boxe». Come arrivo nel suo ufficio, Cayton mi dice di aver messo sotto contratto un giovane peso massimo che gli era stato segnalato e raccomandato da Cus D'Amato, l'ex manager di Floyd Patterson, che nel 1956 era diventato il più giovane campione del mondo dei pesi massimi.   «Se lo vuoi vedere - mi dice Cayton - ho qui una cassetta dei suoi incontri». Infila la cassetta nel videoregistratore e fa partire le immagini. Dopo qualche minuto e alcuni spettacolari ko gli dico che può bastare e gli chiedo quanto vuole per quella cassetta. Mi chiede 12.500 dollari, accetto, ma pretendo di poter avere i diritti televisivi dei successivi incontri di quel pugile, Mike Tyson. Tyson mi aveva affascinato per la violenza che sapeva esprimere. Gli avversari gli erano stati scelti con molta prudenza e cadevano come birilli, ma non era chiaro che mi trovavo di fronte ad un fenomeno. A giudicare dopo molti anni questo fenomeno è facile dire che Tyson lo è stato più sul piano mediatico che su quello pugilistico, anche se non si possono dimenticare o trascurare alcune sue prestazioni. In ogni caso, a distanza di tempo e anche dopo una carriera conclusa piuttosto male, credo che Tyson sia stato il pugile più importante dopo la conclusione della parabola di Muhammad Ali. Quando tornai a Milano con la cassetta acquistata da Cayton, qualcuno a Canale 5 (preferisco non farne il nome) mi disse che forse avevo speso troppo per un'operazione dall'esito incerto. Gli dissi che ero disposto ad assumermi il rischio e ad acquistare per conto mio quelle immagini. La mia fiducia doveva averli convinti, ed è stato così che per alcuni anni in Italia gli incontri di Tyson sono stati visti solo sulle reti Mediaset prima e su Telepiù dopo. Personalmente ho conosciuto Tyson a Troy, nello stato di New York (tre ore di macchina dall'aeroporto Kennedy), il 26 luglio 1986, quando Tyson fulminò in soli 30 secondi Marvis Frazier, il figlio del rivale di Ali condannato dal proprio nome a due incontri impossibili. Prima del sacrificio contro Tyson, Marvis era andato al macello contro Larry Holmes sul ring di Las Vegas. Anche quella volta ero a bordo ring. Temevo di non poter fare la telecronaca perché avevo quasi completamente perduto la voce. Una iniezione presso un ospedale di Las Vegas mi aveva permesso di recuperarla almeno in parte. Ebbi fortuna perché il match durò pochissimo e riuscii in qualche modo a portarlo a termine. L'incontro mi ricorda un episodio molto significativo che aiuta a capire l'aspetto umano di questo sport. Il giovane Frazier non era evidentemente in grado di opporsi ad Holmes, e il primo colpo giusto lo ha messo a terra, in un angolo del ring. Quando Marvis si è purtroppo rialzato, Holmes non sapeva cosa fare. Continuava a portare colpi leggeri con il sinistro mentre con il destro sollecitava l'arbitro a intervenire. È andata avanti per quasi un minuto prima che l'arbitro (mi pare fosse Carlos Padilla) si decidesse a porre termine all'ormai inutile punizione.   Tornando all'incontro di Troy, questa cittadina faceva parte di quel circuito minore che era servito a Bill Cayton per fare esperienza al giovane Tyson. Questi stava entrando nella parte, era ancora abbastanza sospettoso, e timido ma era avvicinabile. Mi concesse per le telecamere di Canale 5 mezz'ora di tempo. Lo avrebbe fatto ancora un anno dopo in occasione del suo primo incontro al Madison Square Garden. Anche allora ebbi modo di verificare il tipo di rapporto abbastanza comune con i grandi protagonisti dello sport. Sono gentili, disponibili, educati (quando possibile) prima di diventare celebri e ricchi. Tornano a esserlo quando non sono più alla ribalta, quando capiscono che può essere ancora vantaggioso o comunque gradevole, ricevere un po' di attenzione.