La "jella" del Trap da Moreno a Henry
Hai voglia di considerarlo l'allenatore più vincente d'Italia. Come ct - ci vuol poco ad affermarlo - Giovanni Trapattoni è forse tra i tecnici più sfortunati. Come dire: tanta bravura, tanta fortuna e soprattutto tanti risultati con le squadre di club, altrettanti bocconi amari da mandar giù ed altrettanta rabbia da smaltire quando si è seduto sulle panchine delle due nazionali che ha allenato finora. La mano galeotta di Thierry Henry, che ha propiziato la rete di Gallas, consentendo alla Francia di pareggiare il conto con l'Irlanda e quindi di staccare il biglietto per il Sudafrica, può essere considerata l'ultima legnata della sfiga sulle spalle del Trap. Da tecnico di club Trap è sempre andato famoso per i risultati. Numeri che parlano chiaro e che ricordano, per esempio, i 51 punti della stagione 1976-77, nel suo primo anno alla guida della Juve. Un risultato, quello, che costituisce il record nel campionato a 16 squadre. Oppure i 58 punti messi in tasca quando nell'88-89 dominò il campionato alla guida dell'Inter, stabilendo il record della serie A a 18 squadre, quando la vittoria valeva ancora due punti. Degli episodi - un misto di «fortuna» e di folklore - va ricordato il gol annullato a Turone, in un decisivo Juventus-Roma della stagione 1980-81, quando, ai giallorossi venne annullato un gol regolare, passato alla storia come quello che sancì la «questione di centimetri…». Impossibile non fare riferimento, poi, alla storica conferenza stampa, quando sedeva sulla panchina del Bayern Monaco, nella quale esternò una sfuriata senza precedenti nei confronti di alcuni suoi giocatori (chi ha dimenticato lo «Strunz» gridato ai quattro venti, che diede luogo all'ormai famoso «Rap del Trap»?). Da cittì, però, Giovani Trapattoni sembra non volere abbandonare il suo conto aperto con la malasorte. Brucia ancora a tutti, malgrado l'Italia abbia nel frattempo vinto un titolo mondiale, l'eliminazione dal torneo di Giappone-Corea del 2002, per opera dell'arbitro Byron Moreno. D'accordo, gli azzurri non giocarono affatto una partita memorabile, ma l'arbitraggio del direttore di gara colombiano fu davvero scandaloso. E a nulla valse la famosa bottiglietta d'acqua benedetta, diventata ormai un «cult», tenuta in mano dal Trap durante la partita: la Corea vinse al «Golden gol» e ci eliminò. Analoga malasorte all'Europeo portoghese due anni dopo. In quel caso il suo destino fu segnato dal «biscotto» architettato da Danimarca e Svezia, che pareggiarono 2-2, all'insegna del «volemose bene», superando il turno a braccetto e rispedendo a casa proprio gli azzurri, pur vittoriosi, frattanto, contro la Bulgaria. L'ultimo anello di questa sfortunata catena è di ieri sera. Allo «Stade de France» di Saint Denis, l'Irlanda del Trap, dopo aver perso la partita d'andata dello spareggio per l'ammissione al mondiale sudafricano del prossimo anno, riesce a ribaltare la situazione, chiudendo i tempi regolamentari sul vantaggio di 1-0. Nei supplementari, però, un «mano» evidente e reiterato di Thierry Henry, che solo l'arbitro svedese Hansson non ha visto, consente a Gallas di appoggiare comodamente in rete da due passi. Per l'Irlanda il gol significa eliminazione, per il «povero» Trap la conferma di un destino che da cittì gli ha riservato solo amarezze.