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Eccoli, prepariamoci.

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Arrivanoi mondiali del Sud Africa, anno 2010, prima decade del terzo millennio. Ed allora, signore e signori, dimentichiamoci dei campioni d'una volta. Niente Zidane, niente Ronaldo (inteso come Luis Nazario da Lima), niente Raul e nemmeno Shevchenko. Questo sarà il mondiale dei giovani rampanti, che hanno già sbancato il Vecchio Continente del pallone con le loro poderose squadre di club. A cominciare dal prossimo Pallone d'Oro, Lionel Messi. Certo, con Maradona cittì farà un po' più fatica, viste le qualità del tecnico del Barça Guardiola, ma lui è la certezza di classe e genialità legate al gioco del calcio. Ed anche se, come molti credono, il mondiale non potrà parlare argentino, vederlo in campo dall'11 giugno prossimo non può non suggerire una festa. Ed il confronto, partendo dalla Spagna, non può non coinvolgere i protagonisti dell'ultimo campionato europeo. Con Fernando Torres in cima ad una ideale classifica di talenti iberici che hanno già sbancato gli stadi di Svizzera e Austria un anno e mezzo fa. Ma essendo lontano dall'Europa, questo mondiale rischia di parlare ancora una volta brasiliano. Carlos Dunga lo sa, la sua alchimia di classe e praticità, spinge la seleçao verso confini dove il ruolo di favorito è d'obbligo. E chi se non Ricardo Kakà impersonifica lo spirito di questa nazionale, di questo Brasile fatto di classe, certo, ma anche di fisicità, di tanto buon senso, spesso sconfinante nella praticità. Kakà e Messi, Fernando Torres e poi? Drogba ed Eto'o non sono dei pivellini, ma per loro il mondiale in terra africana potrebbe far coronare una carriera che ha vissuto i propri fasti soprattutto in Europa. Certo, Costa d'Avorio e Camerun non sono pronti per vincere, ma sarebbe un errore continuare a considerare il pallone africano qualcosa di serie B. Del resto, arbitraggi a parte, l'exploit di nazionali come Messico e Corea del Sud, testimoniano come la spinta di essere - a casa propria - possa fare la differenza. Discorso che nel caso del primo mondiale africano è destinato fatalmente ad allargarsi a tutte le squadre che si giocano il mondiale per quella terra. Ma la bellezza di un mondiale sta anche nel fatto che ti regala sempre qualche sorpresa, qualche nome nuovo, qualche campione in erba che in quel mese trova la chimica e l'ispirazione per diventare una stella. Quella che diverrà uno dei simboli della diciannovesima edizione del campionato più bello e seguito di tutti al mondo.

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