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A San Siro correttezza e spettacolo

L'azzurro Gonzalo Garcia impegnato in una mischia contro gli All Blacks,  allo stadio Meazza di Milano.

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Inevitabilmente soffocata tra la curiosità per gli All Blacks del rugby e un'amichevole della nazionale maggiore del calcio, è passata quasi inosservata una sconfitta della nostra Under 21 che, perdendo in Ungheria ha ora bisogno di un improbabile miracolo per qualificarsi per l'Europeo di categoria ma anche per i Giochi di Londra. L'assenza dalla spedizione olimpica è grave solo perché rappresenta una bocciatura nel nostro sport più popolare ma, come ho scritto tante volte, il calcio è un intruso nel programma olimpico dove viene inserito perché fa vendere un po' di biglietti ma dove è costretto a partecipare in veste dimessa con un assurdo limite di età e con un ancora più assurdo, ridicolo e offensivo sotterfugio dei fuori quota. In altre parole il Cio vuole il calcio alle Olimpiadi ma il calcio non vuole che ogni quattro anni ci sia una competizione che può diminuire il valore della Coppa del Mondo. Quanti, tra gli appassionati ma anche tra gli addetti ai lavori, sanno chi ha vinto il torneo di calcio a Sydney nel 2000, ad Atene nel 2004 e a Pechino l'anno scorso? Al limite la mancata qualificazione degli azzurrini sarà accolta con un sospiro di sollievo dai dirigenti della Federcalcio ma soprattutto da quelli della Lega. La partecipazione ai Giochi di Sydney determinò il ritardo di un mese del nostro campionato e un mare di problemi per i nostri tecnici di club. Gli appassionati del rugby (ma non solo loro perché forse non ne abbiamo 80 mila in tutta Italia) hanno riempito San Siro per la sfida con gli All Blacks. Se il nostro più importante quotidiano sportivo ha trovato opportuno (e ha fatto bene) dedicare due pagine per spiegare le regole di questo gioco vuol dire che del rugby ci mancano la conoscenza e la cultura. È un peccato perché il rugby è la disciplina che più si avvicina allo spirito e al titolo di questa rubrica. Tra i suoi protagonisti ma anche tra i suoi spettatori c'è un livello di educazione nettamente superiore a quello che si trova in altri settori delle nostre abitudini sportive. Mi auguro che gli italiani non abbiano cambiato canale dopo avere assistito alla famosa «haka», pubblicizzata come se fosse l'unico motivo di curiosità di questa vicenda. In quanto al risultato è meno importante. Non avevamo mai vinto ma abbiamo perso di 6 punti nel 1979 ma addirittura di 98 (101-3) vent'anni dopo e dieci anni fa.

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