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Senza «capitani» per Ranieri si fa durissima

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Lasfortuna ha preso di mira Francesco Totti e Daniele De Rossi. Il primo, suo malgrado, di casa a Villa Stuart; l'altro ormai habituè del Policlinico Gemelli. Nella grande precarietà della stagione romanista, ci mancavano pure i due «capitani» messi all'angolo dalle questione mediche. Circostanze che hanno riportato d'attualità il labile confine tra una modesta soddisfazione - le vittorie col Bologna e col Fulham, il pareggio onorevolissimo a San Siro - e l'emergenza più completa. Perché se è vero che per mezzo tempo la Roma di Ranieri ce l'ha fatta a tener duro contro la corazzata Inter, non è minimamente ipotizzabile che la formazione giallorossa possa restare competitiva a lungo senza i suoi due più famosi e bravi rappresentanti. Certo, la sfiga che in questo momento pare vederci benissimo a Trigoria, potrebbe distrarsi, se non addirittura andar via. Ma le ansie e i timori vanno a braccetto in queste idi di novembre che rimandano ad un appuntamento, tra due domeniche, all'Olimpico, sempre molto delicato e impegnativo. Perché contro il Bari di Ventura, occorrerà confermare la positività del miniciclo di cui sopra. Non solo. Il test casalingo, che non si annuncia per niente facile, dovrà restituire anche una valutazione sulla tenuta psicologica di una compagine pronta a cambiar pelle. Ranieri, tra impeti d'orgoglio mediatico e rigurgiti catenacciari, sta tracciando una linea importante all'interno dello spogliatoio. Di qua i volenterosi, di là gli scettici, per non dire proprio gli agnostici. In questa ultima categoria sembrano trovare logica collocazione molti dei brasiliani. Non Julio Sergio, pronto a rubare il posto al Doni sempre acciaccato, ma certamente Juan e Julio Baptista. I due rappresentanti della seleçao di Dunga non sono nelle grazie di Ranieri che preferisce loro i Faty, gli Okaka, gli Andreolli. Non è una scelta dettata da questioni solo esclusivamente tecniche. Anzi. Qui il metro è squisitamente filosofico, morale, da senso di appartenenza appunto. Una scelta coraggiosa e per grandi linee condivisibile. Una scelta che tuttavia rimanda ad un postulato, che - proprio come in matematica - non ha bisogno di dimostrazioni: la Roma senza Totti e senza De Rossi può combattere, ma non può certo resistere.

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