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Quell'inutile impuntatura sui dissidenti

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Tantoche nemmeno la strapotente Inter fa eccezione se, dopo la romantica cavalcata di Kiev, stenta a pareggiare con una Roma decimata prima dall'assenza dei grandi infortunati e poi, durante la partita, dalla sistematica durezza di Vieira e compagni, tollerata da un arbitraggio a corrente alternata. Strana è anche la classifica: a parte la fuga di Mourinho (superato, in antipatia, soltanto da Balotelli, ma fortissimo e fortunatissimo), le posizioni non sono, poi, così nette come sembrerebbe dai commenti. La Juve insegue a 5 lunghezze ma poi ci sono ben 8 squadre nel giro di 4 punti e in coda altre 6 sono vicinissime alla sponda della salvezza. Strana è anche la situazione delle gemelle (si fa per dire). La Roma, che vive ormai da mesi una crisi dirigenziale e finanziaria senza chiare prospettive di soluzione e che, per giunta, lamenta una sequenza infinita di gravi infortuni (a partire dal ginocchio di Totti per arrivare allo zigomo di De Rossi), quando si tratta di affrontare la corazzata di Moratti, rischia addirittura di affondarla! E in classifica, se resta lontana dall'area europea, naviga a buona distanza dalla zona retrocessione. Al contrario, la Lazio che non ha problemi di gestione sociale e anzi ha piazzato il suo presidente in Consiglio federale, è scivolata sull'orlo del precipizio e, nonostante l'avvento di un giovane e quotato allenatore come Ballardini, ha smesso di vincere dal 30 agosto. Nel suo caso, la stranezza non sta soltanto nella penosa situazione attuale, ma nel fatto che i biancoazzurri avevano esordito nella stagione con due successi sensazionali, uno dei quali colto contro una squadra italiana, l'Inter, ma addirittura allo stadio di Pechino, e quindi ci avevano promesso sontuose soddisfazioni che invece purtroppo, finora, sono mancate. Il presidente Lotito, a onor del vero, ha molti meriti nella ricostruzione del club a cui, con l'aiuto di un tecnico qualificato come Delio Rossi, aveva assicurato una posizione di tutto rispetto, ma disgraziatamente si direbbe l'antitesi vivente di Berlusconi: per quanto facile (non pochi dicono fin troppo facile) al Cavaliere riesce il dialogo con gli elettori e con la stampa anche quando qualcosa non funziona, per tanto Lotito stenta a trovare le parole giuste con i tifosi o addirittura a farseli nemici nei passaggi più delicati del campionato. Ci sono personaggi anche più importanti del presidente biancoazzurro come D'Alema e Tremonti, due politici di non comune calibro, che condividono la stessa idiosincrasia per la semplicità e la cordialità della comunicazione, un difetto irreparabile nell'era della rivoluzione informatica. Ma nel caso di Lotito, all'impaccio mediatico si è aggiunta, almeno nel caso di Pandev e Ledesma, l'impuntatura nella trattativa contrattuale che non si è risolta, nel giro di quattro mesi, né in un'intesa né in una cessione; e la maledizione ha voluto che lo scontro abbia chiamato in causa il reparto più delicato ed importante della formazione, l'attacco, proprio mentre l'acquisto - davvero felice - di Zarate apriva prospettive incoraggianti. Un'altra risorsa discutibile del buon Lotito è la frequenza del ritiro, a cui condanna paradossalmente i giocatori proprio nei periodi in cui la delusione per i risultati può alimentare discussioni, litigi, momenti di noia e di intolleranza. Stavolta si tratta di Norcia e speriamo che, tra richiami gastronomici e suggestioni mistiche, una volta tanto il ritiro funzioni. Anche perché, alla ripresa del torneo dopo la doppia parentesi internazionale, la Lazio è attesa alla delicatissima trasferta di Napoli.

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