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Addio Toyota, è fuga dalla Formula 1

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.Gli ultimi ad abbandonarla, dopo Honda, Bmw e Bridgestone, sono quelli della Toyota. I prossimi, si vocifera, potrebbero essere i francesi della Renault. La casa automobilistica giapponese, leader mondiale del settore, ha comunicato il ritiro dalla Formula 1 in una conferenza stampa paradossale, con il boss del gruppo Akio Toyoda che annunciava la decisione e, al suo fianco, il senior managing director Tadashi Yamashina che versava lacrime disperate. «Con le risorse a disposizione - ha spiegato Toyoda - non possiamo mettere in pista una monoposto competitiva». E a questo punto appare inspiegabile l'annuncio di John Howett che, poco più di una settimana fa, aveva reso pubblica l'offerta fatta a Kimi Raikkonen per la stagione 2010. Il Circus perde un altro pezzo. Motivo ufficiale la crisi economica che ha investito il settore automobilistico. Causa reale l'appeal sempre più scarso che la «Formula Noia» per i grandi colossi delle quattro ruote. Gongolerà Max Mosley, che della riduzione dei costi aveva fatto la battaglia principale di fine mandato. Giusta, a questo punto lo si può dire, la sua intenzione. Un po' meno i metodi per perseguirla, con quel tetto al budget imposto alle scuderie che aveva quasi causato la scissione dei top team verso un campionato alternativo. Difficile imporre alle squadre di tagliare nove decimi del budget dalla sera alla mattina, senza chiedersi come ricollocare tutti quei meccanici che sarebbero rimasti senza lavoro. Quegli stessi che ora a Colonia, sede della scudera Toyota, si interrogano sul loro destino. Il team sarà probabilmente venduto a un consorzio europeo, mentre il posto in griglia dovrebbe essere preso dalla Sauber, iscritta al Mondiale 2010 come squadra di riserva. La Fia ha espresso preoccupazione e ha chiesto ai giapponesi di chiarire la propria posizione, specie in relazione alla firma del patto della Concordia di qualche mese fa. A Jean Todt, neopresidente, toccherà invece ridare smalto a un mondo in crisi, con la consapevolezza che anche la politica del suo predecessore, con cambi regolamentari ogni anno, ha spinto alcuni team a fare il passo più lungo della gamba.

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