Ballardini è romagnolo (come me) e sicuramente permaloso come tutti i romagnoli.
Lapremessa mi serve per introdurre una serie di considerazioni, diciamo caratteriali, che sicuramente suoneranno sgradite al riservatissimo Davide Ballardini, personaggio oggi molto discusso nella Roma laziale. Roma è nel destino dei romagnoli ambiziosi e ho capito perché Ballardini ha lasciato un buon Palermo per assumersi il rischio Lazio. Dalle mie parti si dice «o a Roma in caroza o a la macia a fe' 'e carbon»: a Roma - traduco - ci si deve arrivare per un ruolo di primo piano sennò meglio lasciar perdere. Ma se ci arrivi, fortunato te, devi capirla, la Capitale, e capire la sua gente. Mi dicono che Ballardini viva a Formello, tutto Lazio da mane a sera, così come a Cagliari e a Palermo. Scelta che ha dato ottimi risultati, che ha fatto nascere la leggenda del Grande Lavoratore: per questo - e per i risultati conseguiti - Lotito l'ha chiamato alla Lazio, sicuro di potersi servire di un professionista di valore e di una persona seria. E tuttavia ho il rammarico di non avergli fatto sapere in tempo - d'altra parte, non lo conosco personalmente - che Roma è un'altra cosa, la Lazio un'altra cosa; che qui la comunicazione è frenetica e qualcosa bisogna concedere - come si dice - alla piazza. A suo tempo, riuscii a farlo sapere a Zaccheroni, un altro che viveva a Formello come Napoleone all'Elba, studiando e insegnando, trascorrendo lunghe ore in solitudine, avendo in testa solo il lavoro il lavoro e i «ragazzi». Non ne tenne conto, Zac. E finì come finì. Ora mi dicono che Ballardini stia... ballando sulla corda. Mi creda, Ballardini, scenda in città, ascolti anche la gente, vada per club, stringa le mani, accetti pacche sulle spalle, magari anche qualche vaffa. Non sprofondi nel silenzio. I laziali - mi creda - adorano gli eroi. Anche perdenti, come spesso sono gli eroi.